Qual è l’attività dell’Unità Operativa di Cardiologia?
L’Unità Operativa di Cardiologia di Humanitas Gavazzeni Bergamo svolge attività ambulatoriale e assistenziale, cioè di ricovero nel reparto di degenza, in relazione a tutte le patologie cardiovascolari.
Per quanto riguarda la parte ambulatoriale, sono a disposizione tutte le forme di prestazioni che portano alla formulazione di un iter diagnostico e terapeutico personalizzato.
Alcuni ambulatori sono dedicati in modo specifico a diagnosticare e seguire nel tempo alcune patologie: le valvulopatie, le cardiopatie in età pediatrica e lo scompenso cardiaco.
Le attrezzature mediche utilizzate consentono di eseguire esami semplici, quali l’elettrocardiogramma, o complessi, che richiedono l’utilizzo di apparecchiature specifiche come:
1) L’ETT (Ecocardiogramma transtoracico) 3D
2) il test ergometrico (test da sforzo)
3) l’elettrocardiogramma dinamico (Holter)
4) la risonanza magnetica del cuore
5) le tomoscintigrafie miocardiche
L’insieme di questi esami permette talvolta di risolvere le problematiche legate alla indicazione cardiochirurgica (beneficio o meno dell’intervento) commisurata al rischio operatorio.
Domande frequenti
(clicca sulla domanda per conoscere la risposta)
- Quali sono i maggiori fattori di rischio cardiovascolare?
- Quali sono i sintomi da tenere sotto controllo e che richiedono poi il ricorso allo specialista?
- Quanto è importante seguire corretti stili di vita per evitare malattie di origine cardiovascolare?
- Lo sport e l’attività fisica aiutano a prevenire problemi al cuore?
- Fumo e alcol possono essere assunti in quantità basse o vanno aboliti del tutto?
- Quanto influisce la familiarità in patologie di natura cardiovascolare?
- Qual è la differenza tra angioplastica coronarica e bypass coronarico?
- Dopo un angioplastica o stent coronarico posso tornare a una vita normale?
Esiste un’età precisa in cui è bene andare dal cardiologo?
Non esiste un’età precisa, dipende dallo stato di salute e dall’eventuale sintomatologia che caratterizza lo stato di ogni singola persona.
Che cos’è il dolore al torace?
Il dolore cardiaco, quello che può rivelarsi indicatore di una situazione di pericolo, può verificarsi in età avanzata e viene chiamato angina. Si tratta di un dolore provocato dal fatto che non arriva abbastanza sangue al cuore; quindi è conseguente a una sorta di “crampo” del muscolo cardiaco. Di solito è un dolore non ben localizzabile all’interno del torace, oppressivo, profondo, che alle volte può essere anche scambiato, se “basso”, con un’indigestione.
Un dolore al torace persistente potrebbe rivelare che si è in presenza di uno stato di gravità che richiede l’intervento immediato del 118. Anche perché si tratta di una situazione in grado di generare un danno dal momento che nelle zone circostanti la parte di arteria non irrorata, il muscolo è destinato a morire e, alla lunga, si viene a creare una cicatrice. Certi tipi di infarto, quelli più gravi, possono anche procurare la morte, mentre altri generare aritmie e una serie di problemi.
Che cosa devo fare se ho “il batticuore”?
Il batticuore è una sensazione soggettiva di battito cardiaco più frequente. Dopo una corsa, dopo uno sforzo fisico o anche dopo un’emozione è un aspetto normale, fisiologico (a meno che non ci sia uno sbalzo eccessivo della frequenza). Non lo è più quando si avverte una frequenza elevata senza un motivo apparente. In presenza di una forte emozione è normale avere il cuore a 120. Se però i battiti arrivano a 180 la situazione è pericolosa, perché il cuore a quella velocità non è più in grado di svolgere la sua funzione che è quella di pompare il sangue in tutto il corpo. Ognuno dovrebbe imparare a regolarsi da sé, conoscendo i propri limiti. Normale è una frequenza cardiaca a riposo dai 50 ai 100 battiti al minuto. Si parla di bradicardia quando il battito è più lento e di tachicardia quando è più veloce. Una lieve tachicardia può essere fisiologica, soprattutto in momenti particolari circoscritti (come lo studente che deve affrontare un esame, lo sciatore che è al cancelletto di partenza), caratterizzati dalla presenza di adrenalina, sostanza che fa aumentare la frequenza. Ma attenzione: se da 60 battiti si passa all’improvviso a 105 senza apparente motivo, si è di fronte a un’aritmia, una situazione che non rientra nella normalità.
A quali esami dobbiamo sottoporci quando sospettiamo di avere problemi di natura cardiovascolare?
Gli esami vengono individuati dal medico specialista a seconda dei sintomi, dell’età e della situazione. In generale gli esami più comuni in cardiologia sono l’elettrocardiogramma, l’ecocardiogramma color doppler, il test da sforzo oltre ad alcuni esami ematici. L’elettrocardiogramma valuta l’elettricità del cuore, il suo segnale elettrico. L’ecocardiogramma color doppler invece è basato sull’uso degli ultrasuoni e consente di vedere le parti interne in formato tridimensionale. Il doppler, poi, è in grado di calcolare la direzione e la velocità dei globuli rossi valutando se il percorso del sangue, rispetto all’apertura e chiusura delle valvole, è corretto o meno.
A questi esami si aggiunge anche la coronarografia che permette di verificare, appunto, lo stato delle coronarie.
Che cosa si intende con esami diagnostici invasivi e non invasivi in cardiologia?
Gli esami diagnostici non invasivi sono quelli dove non è necessario inserire cateteri e sonde nel corpo umano per farli arrivare alle strutture cardiache da esaminare. Sono esami che dall’esterno del corpo sono in grado di visualizzare il cuore come, ad esempio, l’ecocardiogramma e l’elettrocardiogramma, o il test a sforzo. Questi esami sono utilizzati per lo screening.
I test invasivi, come la coronarografia, richiedono invece solitamente l’inserimento di vari tipi di cateteri verso le strutture cardiache, così da poter individuare gli eventuali tipi di patologia presenti. In genere questi esami sono effettuati con anestesia locale.
Di norma, nell’iter diagnostico, si comincia con esami non invasivi e solo nel caso in cui questi rivelino presenze o sospetti di patologie vengono eseguiti anche esami invasivi per approfondire il problema con studi specifici che, peraltro, possono essere associati anche ad alcune forme di terapia.
Che cosa è lo stent coronarico?
È una piccola protesi metallica, di grandezza microscopica, che serve a mantenere aperto un vaso in corrispondenza di un blocco che si può essere formato al suo interno, e che rallenta e rischia di bloccare del tutto il flusso del sangue. Lo stent è generalmente di acciaio o leghe come cobalto/cromo. La sua validità ha una durata infinita. Se non si presentano problemi entro i primi sei mesi o entro un anno dalla sua applicazione – questo è il periodo necessario al suo “assorbimento” da parte dei tessuti dell’arteria – si può ritenere che lo stent si manterrà operativo per tutta la vita. È infatti statisticamente più facile avere un nuovo blocco in un’altra parte dell’arteria piuttosto che avere problemi con uno stent già applicato, cosa che si verifica molto raramente, solo nell’1% dei casi.
Quanto dura una coronografia o un’angioplastica?
Una coronografia dura dai 15 ai 30 minuti. Un’angioplastica dai 15 minuti a qualche ora, nei casi più complessi.
Per gli interventi di coronografia o angioplastica c’è bisogno di sottoporsi a una anestesia totale?
Anestesia totale no, tranne casi eccezionali e non frequenti. In genere è sufficiente l’anestesia locale con una parziale sedazione della parte interessata dall’innesto della cannuccia. Il passaggio della cannuccia all’interno delle arterie non provoca alcun dolore. Nel momento in cui si installa il palloncino, per alcuni secondi vien bloccato il flusso al cuore che percorre il vaso interessato. In questo caso può esserci quindi un po’ d’angina che si presenta con un dolore del cuore. In questo caso la sensazione di dolore, che comunque non raggiunge mai livelli elevati, varia da persona a persona.
Perché mi sono stati aggiunti nuovi farmaci dopo un intervento di angioplastica e stent coronarico?
Perché lo stent è come un piccolo corpo estraneo che deve essere ricoperto dal tessuto del vaso. Nel periodo in cui lo stent non si è ancora ricoperto, bisogna usare una combinazione di anti aggreganti – farmaci che inibiscono l’aggregazione delle piastrine –, che sono delle micro cellule che abbiamo in tutto il corpo e che quando ci provochiamo una ferita si aggregano e formano il coagulo. I farmaci servono a inibire questo coagulo nella parte del vaso che accoglie lo stent. Sono l’aspirina a bassa dose, pediatrica. Bastano dagli 80 ai 100 mg al giorno (quando si ha il mal di testa se ne prendono anche 325). In più, per almeno un anno, serve un altro antiaggregante per evitare che si formi un trombo sullo stent, che potrebbe essere molto pericoloso.
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