A distanza di circa due anni dalla sua comparsa, iniziano ad arrivare i primi risultati degli studi di follow – up post Covid-19. Tra i più completi c’è quello pubblicato su The Lancet Respiratory Medicine condotto su 1192 pazienti in Cina colpiti da Covid durante la prima fase della pandemia, di cui il 68% ha mostrato sei mesi dopo essersi ammalato almeno un sintomo di Long Covid.
Tra i vari effetti del Covid, dopo la guarigione, quei sintomi noti come Long Covid, c’è anche il rischio di trombosi.
Chi colpisce e quale terapia affrontare per mettersi in sicurezza? Ne parla il dottor Giovanni Esposito, responsabile dell’Unità operativa di Chirurgia vascolare di Humanitas Gavazzeni.
Dottor Esposito, chi è guarito dal Covid rischia la trombosi?
La malattia, nei casi più gravi, può innescare una forte risposta infiammatoria in grado di dar vita a fenomeni di trombosi. Questi, oltre a rappresentare un rischio nella fase acuta dell’infezione, possono nel tempo lasciare il segno sugli organi colpiti. Un simile aspetto, unito a una possibile reazione autoimmune indotta dal virus, rientra tra i principali indiziati alla base del Long-Covid. Le alterazioni del sistema della coagulazione influenzano anche la capacità di aggregazione delle piastrine e quindi facilitando l’insorgenza di trombosi o più raramente, dall’altro lato, di emorragie.
Per quanto tempo dopo la guarigione si è a rischio?
Recenti studi pubblicati sulla rivista scientifica “Blood Advances” e sul British Medical Journal mostrano come il Covid-19 aumenti il rischio di trombosi venosa profonda fino a tre mesi dopo la fine della malattia, di embolia polmonare nei sei mesi post-Covid e di eventi emorragici nei due mesi successivi al test negativo.
A quali sintomi dobbiamo stare attenti?
Per i pazienti guariti da Covid-19 così come per ogni altro paziente è molto importante riferire al proprio medico ogni sintomo. Prestare particolare attenzione alla comparsa di gonfiore di un arto (edema), dolore, rossore e aumento della temperatura della zona colpita. Difficoltà respiratorie, affanno, dolori toracici possono essere segnali di un quadro più complicato.
C’è il rischio anche con una forma “lieve” di Covid?
Gli studi scientifici dimostrano come gli eventi tromboembolici siano più frequenti nelle persone anziane, pluripatologiche, soprattutto quelle colpite nella prima ondata quando la copertura vaccinale era bassa e le terapie non ancora perfezionate. Il rischio di trombosi nelle persone che erano state gravemente malate di Covid era 290 volte maggiore del normale e sette volte maggiore del normale dopo il Covid lieve.
Quali le terapie?
Attualmente esistono numerosi studi scientifici che sembrerebbero andare a sostegno dell’utilità di una tromboprofilassi per evitare eventi trombotici, specialmente per i pazienti ad alto rischio, e sicuramente rafforzano l’importanza della vaccinazione. Dobbiamo ancora aspettare i risultati dei grandi studi che stanno valutando gli effetti del long Covid sui vari organi per poter utilizzare su larga scala un trattamento preventivo.
Possono esserci recidive?
Come per tutte le malattie tromboemboliche, sia che si tratti di sindrome post Covid che di trombosi venosa profonda dovuta ad altre cause è possibile una recidiva. Non sappiamo ancora se nel post Covid il rischio di recidiva di una malattia tromboembolica sia maggiore. Ci troviamo di fronte ad una patologia “giovane” della quale sappiamo ancora poco.
Testo tratto dall’articolo “Covid: chi rischia la trombosi, forme più gravi in chi fuma, cosa succederà in autunno” pubblicato da Starbene.it di giugno 2022 a cura di Laura Della Pasqua.