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Lo sport e le protesi d’anca e di ginocchio, una convivenza spesso possibile

L’intervento chirurgico di protesi al ginocchio o all’anca viene in genere deciso quando si è in presenza di un’artrosi che è giunta a un tale livello da procurare un continuo dolore in grado di incidere negativamente sulla qualità della vita di chi ne soffre.

Che cos’è nello specifico l’artrosi e come si sviluppa? Quando bisogna pensare a una protesi d’anca o di ginocchio? Con le protesi bisogna dire addio alla pratica dello sport? Risponde a queste domande il dottor Augusto Palermo, responsabile della Chirurgia Protesica dell’anca e del ginocchio di Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

«L’artrosi è una malattia degenerativa che colpisce la cartilagine di rivestimento delle articolazioni, in particolare di ginocchio e anca. Viene dunque originata dall’invecchiamento dell’articolazione e genera in un secondo momento una componente infiammatoria. Ce ne sono di due tipi. La prima è l’artrosi primitiva o idiopatica, che si verifica quando l’articolazione comincia a consumarsi per il trascorrere del tempo e per la presenza di concause come l’aver praticato molto sport, essere sovrappeso o avere una cattiva qualità ossea. Le seconde, meno diffuse rispetto alle prime, sono le artrosi secondarie, che si verificano a seguito di fratture, lussazioni, eventi traumatici o dipendono da situazioni secondarie a malformazioni congenite, presenti quindi fin dalla nascita».

Come si arriva a una condizione di artrosi tale da richiedere un intervento di protesi?

«L’artrosi ha un suo ritmo che difficilmente può essere modificato, in genere è lei che decide il suo percorso. Non c’è un criterio che vale per tutti: ci sono situazioni artrosiche che precipitano in tre-quattro mesi e altre che rimangono stabili per anni. Alcuni comportamenti possono peggiorare la situazione come insistere molto con le sollecitazioni meccaniche proprie della corsa, che da questo punto di vista è l’attività sportiva, tra quelle praticate in modo non agonistico, che può contribuire maggiormente a peggiorare le cose. Non esistono terapie in grado di ridonare salute alla cartilagine che quando comincia a degenerarsi non può essere più riportata al suo antico splendore. È possibile però intervenire con le terapie adiuvanti, con antidolorifici e con le infiltrazioni di acido ialuronico che aiutano a sfiammare, a creare un ambiente articolare più normale. Non fanno ricrescere la cartilagine ma lubrificano un po’ l’articolazione e contribuiscono a ritardare il momento della protesi».

E quando non è più possibile rimandare, per anca o ginocchio rimane solo la protesi…

«Sì, la chirurgia protesica è molto cambiata in questi ultimi 7-8 anni. C’è stata una forte evoluzione sotto il profilo del design delle protesi, ma sono soprattutto i materiali a essere migliorati notevolmente. A ciò si aggiunge il fatto che oggi vengono effettuati accessi senza staccare tendini, passando attraverso i muscoli, e vengono utilizzate protesi estremamente piccole, che permettono di conservare una maggiore porzione di osso. I tempi di recupero si sono molto ridotti, grazie anche al protocollo fast track che applichiamo in Humanitas Gavazzeni, che prevede un ricovero veloce con alcune accortezze che riducono al paziente i traumi chirurgici e di conseguenza i dolori e i fastidi del post intervento».

C’è un’età ideale per sottoporsi a intervento di protesi?

«Una volta si diceva che era meglio aspettare più tempo possibile prima di procedere con l’applicazione di una protesi. Oggi grazie ai nuovi materiali e agli accessi mininvasivi è possibile anticipare i tempi. La durata di una protesi è di circa 20-25 anni. Per i pazienti che hanno circa 50 anni valutiamo se sia possibile posticipare l’impianto così da guadagnare tempo sulla durata della protesi. Ma se si è in presenza di dolore o di particolari fastidi è meglio non rimandare l’intervento perché sarebbe tempo di qualità della vita buttato via. Ogni situazione, ripeto, è a sé e le decisioni devono essere prese di concerto tra il medico e lo stesso paziente».

Le protesi consentono il ritorno alla pratica di sport?

«Le protesi parziali consentono il ritorno ad alcuni sport come il nuoto, lo sci, la bicicletta. Meglio evitare la corsa per i motivi detti prima: anche riuscendo a correre senza problemi ci sarebbe il rischio di esporre la cartilagine sopravvissuta e i materiali della protesi a un’usura più accelerata. In ogni caso, è assolutamente importante che dopo l’intervento sia eseguita una buona riabilitazione, da curare con grande attenzione nel primo mese e mezzo e da mantenere via via nei primi sei mesi post intervento».

Articolo tratto dall’intervista andata in onda su TeleLombardia/agosto 2022

Specialista in Ortopedia e Traumatologia