La frequenza cardiaca consiste nelle pulsazioni che il nostro cuore compie nell’arco di un minuto, la pressione sanguigna, invece, è la pressione esercitata dal sangue sulle pareti dei vasi sanguigni.
Si parla spesso di frequenza cardiaca, ma non sempre si sa esattamente di che cosa si tratti e come possa essere tenuta sotto controllo. Un errore in cui si incorre con una certa frequenza, ad esempio, è quello di confondere la frequenza con la pressione, che sono due cose molto diverse fra loro, come ci spiega il dottor Franco Santoro, specialista dell’Unità Operativa di Cardiologia di Humanitas Gavazzeni di Bergamo.
Dottor Santoro, che cos’è la frequenza cardiaca e che cosa, invece, la pressione?
«La frequenza cardiaca è il numero di battiti, quindi di pulsazioni, che il cuore compie ogni minuto. In sostanza, corrisponde alle volte che il cuore si contrae e, attraverso questa azione, manda in circolo il sangue. La pressione invece è quella che viene esercitata dal sangue, nel suo scorrere all’interno dei vasi, sulle pareti dei vasi stessi. Dal punto di vista della misurazione, questi due valori sono visualizzati entrambi dalle strumentazioni elettroniche che distinguono bene tra battiti e pressione».
Quando un battito può essere definito normale?
«Esiste un range di frequenza in cui viene fatto rientrare il concetto di normalità che coincide per lo più dai 55/60 ai 72/76 battiti. Al di sopra di questi si parla di tachicardia, al di sotto si parla di bradicardia che non è necessariamente un discorso patologico, come dimostrano gli atleti, che tendono ad avere meno battiti del cuore per poter aumentare le loro performance. Nell’arco degli anni può esserci una tendenza all’aumento della frequenza, ma è un aspetto che rientra nelle previsioni del range di tranquillità previsto. Anche perché negli anziani a preoccupare non è il lieve aumentare della frequenza, ma il suo improvviso calare».
Si può dire che tutti coloro che hanno una frequenza cardiaca alta corrono pericoli di subire danni al cuore?
«No, non è esatto. Ci sono persone che hanno frequenze “starate”, al di fuori del range, ma non per questo corrono rischi. Sono persone che dichiarano di avere avuto sempre questo battito ma di non avere mai avuto problemi, di essere state sempre bene. In questi casi non le si aggredisce con terapie, perché ognuno sa quello che vuole e può fare. A un paziente che tollera bene una situazione di questo tipo non resta che dare consigli dal punto di vista alimentare o sull’attività fisica, che deve essere contenuta. Senza però arrivare a una vera terapia tecnica che, come tutti gli interventi invasivi, alla lunga può comunque avere effetti collaterali indesiderati».