Aorta, arteria polmonare, atrio, valvola mitrale, aortica, tricuspide… Sono solo alcune delle diverse componenti che formano il cuore e che danno struttura e forza a quest’organo che batte – nel corso di tutta la vita – 3 miliardi di volte, pompando all’incirca 3 milioni di litri di sangue all’anno.
Una macchina perfetta, culla e motore di tutte le cose. È la pompa che permette alla circolazione sanguigna di nutrire il corpo e che, grazie alla pratica clinica, alla costante ricerca scientifica e all’incessante volontà di progredire nel sapere, siamo oggi in grado di conoscere meglio. Lo sa bene il dottor Elvis Brscic, nuovo responsabile dell’Unità Operativa di Cardiologia in Humanitas Gavazzeni.
Dottor Brscic, perché il nostro cuore si ammala?
“Mi interrogo su questo da quando ho iniziato gli studi e la carriera. Quello che sappiamo è che ci sono fattori di rischio quali l’ipercolesterolemia, il diabete, un’alimentazione scorretta e sregolata e il fumo di sigaretta. Ma non dimentichiamoci che anche la genetica gioca un ruolo importante. Il cuore può ammalarsi per i noti fattori ambientali e per familiarità, ma anche per un componente ‘X’ che resta ancora inspiegabile. Ed è qui che entrano in gioco la ricerca, lo studio e l’esperienza. Un cuore ammalato è una sfida che noi cardiologi abbiamo il compito di affrontare per permettere ai nostri pazienti di essere curati e avere una migliore aspettativa di vita”.
Come possiamo farlo?
“Sicuramente continuando a studiare, così da alzare sempre più il livello di professionalità ed esperienza di tutti gli operatori sanitari coinvolti nella cura del cuore, sperimentando sul campo e traendo il massimo e il meglio dalle potenzialità che ci può offrire la tecnologia”.
Cosa abbiamo oggi?
“Nelle nostre mani abbiamo sicuramente molti strumenti che solo diverse decine di anni fa non potevamo pensare di avere: TAC e risonanze magnetiche che permettono uno studio sempre più preciso del cuore, per indagare e diagnosticare le patologie cardiache in modo accurato e, dall’altro campo, protesi e cateteri cardiaci sempre più miniaturizzati che permettono una medicina personalizzata e mininvasiva. Strumentazioni di imaging cardiovascolare che consentono una visione totale e anatomicamente perfetta dell’organo per rendere ogni tipo di intervento ancora più preciso”.
Dove si augura che arrivi l’asticella?
“A una medicina sempre più mininvasiva e che permetta sempre più approcci di stampo anche non chirurgico”.
Negli anni ha visto anche un diverso approccio da parte dei pazienti?
“Sì, anche i pazienti negli anni stanno dimostrando una maggiore sensibilità specialmente nei confronti della prevenzione con maggiore fiducia nella medicina. Non solo, trovo un’aumentata determinazione nell’affrontare la malattia che, per esperienza, è fondamentale per la guarigione”.