È una patologia piuttosto frequente che interessa il 30% della popolazione mondiale: si chiama conflitto femoro-acetabolare ed è un’anomalia ossea a livello dell’articolazione dell’anca che, con il passare del tempo, può sviluppare un’artrosi. Diffusa specialmente tra i giovani e gli sportivi che sottopongono le articolazioni a forti sforzi e stress, per trattarla è possibile ricorrere all’artroscopia dell’anca.
In cosa consiste? Risponde il dottor Gennaro Fiorentino, responsabile dell’Unità operativa di ortopedia e traumatologia di Humanitas Gavazzeni.
Dottor Fiorentino, in quali casi è indicata l’artroscopia dell’anca?
“Nei casi di conflitto femoro – acetabolare non in stadio avanzato. E’ una problematica che si crea quando, per una malformazione dell’acetabolo dell’anca o della testa del femore, le due ossa, che in una condizione normale non si toccano, vanno a sfregarsi provocando inizialmente dolore all’inguine e, a lungo andare, artrosi. Secondo le ultime stime interessa il 30% della popolazione mondiale ed è diffusa specialmente tra i giovani e gli sportivi che sottopongono le articolazioni a forti sforzi e stress”.
Per trattarla è possibile ricorrere all’artroscopia dell’anca
“Sì. Consiste in una procedura chirurgica mini – invasiva che, attraverso piccole incisioni della pelle, modella le superfici articolari che iniziano ad avere problemi artrosici dovuti proprio al conflitto femoro-acetabolare. Non solo permette di risolvere il problema in modo mininvasivo, ma anche di ritardare il ricorso ad una protesi con importanti benefici per il paziente, specialmente per quelli giovani: dolore contenuto, rapido recupero post operatorio e la presenza di due sole piccole incisioni sulla pelle. È una tecnica che utilizzo da 15 anni e i riscontri positivi sono evidenti”.