Uno degli ambiti di ricerca sviluppati in Humanitas Gavazzeni è quello sostenuto dall’Unità Operativa di Elettrofisiologia e riguarda la correlazione tra le apnee notturne e alcune disfunzioni cardiache.
La sindrome delle apnee ostruttive del sonno produce infatti una scarsa ossigenazione del sangue che ha ripercussioni su tutto l’organismo, in particolare sul cuore.
Scopo della ricerca – spiega Giosuè Mascioli, responsabile dell’Elettrofisiologia di Humanitas Gavazzeni,– è proprio quello di capire quante patologie cardiovascolari possono dipendere da queste apnee.
«Stiamo svolgendo due tipi di ricerca su portatori di pacemaker speciali, che ci permettono di evidenziare con continuità gli episodi di apnee notturne. Il primo ambito si propone l’obiettivo di costituire una fotografia epidemiologica della situazione, verificando quanti pazienti con problemi al cuore hanno questo tipo di sindrome e quali sono i fattori predittivi delle apnee notturne. Il secondo ambito, sempre basato sull’utilizzo dei pacemaker, vuole invece stabilire quanti pazienti sono vittime di apnee notturne centrali, che sono una forma speciale nell’ambito dello scompenso cardiaco, e qual è la risposta alla terapia eseguita utilizzando farmaci specifici per questa forma».
Quanti sono i pazienti interessati da questo vostro doppio ambito di ricerca?
«Per quanto riguarda il primo gruppo contiamo di raggiungere i 200 pazienti entro la fine del prossimo anno. Per quanto riguarda invece lo scompenso cardiaco i pazienti interessanti, entro la fine del 2019, saranno circa 50».
La sua attività medica è strettamente collegata, dunque, a quella di ricercatore. Quanto del suo tempo dedica alla prima e quanto alla seconda?
«In linea di massima l’80-85% del mio tempo è dedicato all’attività medica e il resto alla ricerca».
Quali sono le soddisfazioni e quali le difficoltà legate alla sua attività di ricercatore?
«Le soddisfazioni derivano dalla passione personale per questa professione: come medico sono affascinato dalla curiosità di capire il perché dell’accadimento di certi fenomeni. Nello specifico, la soddisfazione maggiore è proprio quella di trovare risposte alle domande che mi pongo. Le difficoltà stanno invece nel fatto che non sempre si riesce a trovare il tempo per riuscire a fare tutto questo, perché dedico molta energia quotidiana all’attività medica».
Quali speranze ha per il futuro? Ci sono novità interessanti sulla cura delle patologie oggetto della vostra ricerca?
«Ho buone speranze per il futuro, basate sul fatto che in Humanitas Gavazzeni possiamo utilizzare pacemaker speciali che, soprattutto per quanto riguarda la seconda branca della nostra ricerca, ci consentono di avere una risposta molto affidabile. Si tratta di pacemaker che misurano le apnee tutte le notti, cosa che non potrebbe essere fatta con strumenti standard, ad esempio quelli utilizzati per la polisonnografia, che prendono la fotografia di un singolo giorno. I nostri strumenti consentono quindi di avere risposte più rispondenti alla realtà, dal momento che l’incidenza di questi eventi tende a variare nel tempo».
Come e quando ha deciso di intraprendere la professione medica?
«Fin dai primi anni del liceo ero convinto che avrei fatto il medico e in particolare il cardiologo, a seguito anche di alcuni eventi familiari. Una passione che mi è nata fin da quando ero ragazzino, quindi, e che mi segue tuttora».
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