Quante volte ci siamo detti «Questa luce mi dà fastidio!» e abbiamo chiesto alle persone vicine di attenuare – premendo sull’interruttore o anche solo accostando le persiane – la fonte del nostro disturbo agli occhi? Quante volte abbiamo pensato che senza l’uso degli occhiali da sole non avremmo resistito alla luminosità presente nell’ambiente in cui ci troviamo?
Una condizione che si chiama fotofobia, che per la maggior parte delle volte è dovuta a una situazione oggettiva – una giornata di sole, una lampadina puntata negli occhi, un forte riflesso dovuto all’acqua o alla neve, tanto per fare alcuni esempi –, ma che può essere causata anche da situazioni di salute particolari, che ne possono protrarre nel tempo la presenza.
Da che cosa può essere causata la fotofobia? Ecco le risposte, elaborate con l’aiuto della dottoressa Gabriella Ricciardelli, oftamologa del Centro Oculistico di Humanitas Gavazzeni Bergamo.
La fotofobia collegata al fototipo
La sensibilità alla luce è maggiore in chi ha pelle e occhi chiari. Questo è dovuto alla minore presenza di melanina, sostanza che aiuta gli occhi a proteggersi dai raggi luminosi. Non è una condizione grave, ma è bene che chi ha queste caratteristiche fisiche dedichi maggiore attenzione ai propri occhi, portando gli occhiali da sole di categoria 3 anche in inverno e anche in città.
La fotofobia collegata all’albinismo oculare
Le persone con albinismo oculare sono caratterizzate da una mancanza totale, o parziale, di melanina nell’occhio. In questo caso la sofferenza alla luce si manifesta fin da bambini ed è tale da impedire il tenere aperti gli occhi quando si è esposti al sole o ci si trova in un ambiente particolarmente illuminato. Per fortuna esistono difese: occhiali da sole con lenti speciali, con filtro per la luce blu, ma anche semplicemente cappellini con la visiera, utili a proteggete gli occhi dai raggi diretti.
La fotofobia collegata a mal di testa, nausea e vomito
L’emicrania ha tra i suoi effetti anche condizioni particolari che riguardano gli occhi, come visione di lampi, calo della vista e, appunto fotofobia.
Si tratta, in questo caso, di una causa che non proviene direttamente dai nostri organi della vista, ma da una nevralgia che coinvolge una parte del capo. Spesso il mal di testa aumenta la sensibilità a suoni e luce, per cui chi ne è colpito tende a ricercare situazioni contraddistinte da silenzio assoluto e luce abbassata, almeno fino a quando la crisi non sia finita.
La fotofobia collegata a un trauma dell’occhio
Può bastare un piccolo incidente, come quello di un dito nell’occhio o di una leggera abrasione causata da una lente a contatto, per provocare una lesione della cornea, la parte più esterna dell’occhio, quella attraverso cui entra la luce. In questo caso viene a mancare un filtro e, in presenza di forte luce, si può generare arrossamento, dolore e lacrimazione. Meglio rivolgersi a un medico: con la giusta pomata antibiotica e la protezione dell’occhio con una benda, la situazione potrà essere normalizzata in 2-3 giorni.
La fotofobia collegata all’uso delle lenti a contatto
Le lenti a contatto devono essere usate con attenzione: quando tolte devono essere conservate in modo adeguato e se sono usa e getta non devono essere utilizzate oltre i tempi indicati. La cattiva gestione delle lenti può provocare lesioni, come detto più sopra, o anche infezioni alla cornea, con conseguente formarsi di un ascesso e presenza di problemi di ricezione della luce. In questo caso è inevitabile una visita oculistica, in cui lo specialista individuerà il microrganismo responsabile del problema e stabilirà la cura più adeguata alla guarigione dell’occhio.
La fotofobia collegata a rossore, lacrimazione e secrezioni
La presenza di rossore, lacrimazione o secrezioni biancastre o trasparenti sui lati degli occhi indica in genere che si è in presenza di un’infezione virale, cioè di una congiuntivite. La sensibilità dell’occhio alla luce ne è una conseguenza diretta e può essere lenita con l’ausilio di gocce oculari che dovrebbero tenere a bada i disturbi e risolvere il problema nello spazio di 4-5 giorni. Se, scaduto questo periodo, non si notano miglioramenti è bene sottoporsi a una visita oculistica.
Conclusioni sulla fotofobia
Nel maggior numero dei casi la fotofobia non è una condizione preoccupante. Non lo è quando si risolve nel giro di pochi giorni, quando non comporta un calo della vista e quando non è collegata ad altri sintomi.
Una visita oculistica è invece consigliata in tutti gli altri casi, per verificare o escludere che la maggiore sensibilità alla luce sia dovuta a congiuntivite, blefarite (infezione delle palpebre), uveite (infiammazione dell’uvea), neurite (infiammazione del nervo ottico) o cheratocono (malformazione della cornea).
(Tratto dal servizio di Elena Cassin dal titolo: “La luce mi dà fastidio” pubblicato su Viversani & Belli n. 33, 10 agosto 2018)