Brutto affare quando le ossa si rompono. Una situazione che può verificarsi praticando sport sulla neve, mentre si scia, ma non solo, a volte basta inciampare per strada e cadere male…
Una piccola disattenzione può essere all’origine di una lunga serie di azioni tutte volte a ridonare forza e compattezza all’osso spezzato. In tutto questo c’è però una buona notizia: i metodi per “aggiustare” le ossa negli ultimi anni si sono sempre più evoluti e oggi il disagio è molto ridotto rispetto a quello di qualche anno fa, come sottolineano Gennaro Fiorentino, responsabile dell’Unità operativa di Ortopedia e Traumatologia e Mario Arduini, coordinatore di Traumatologia del bacino di Humanitas Gavazzeni Bergamo.
Quali sono le novità più evidenti registrate in questo campo?
Risponde il dottor Fiorentino: «Le nuove tecniche mininvasive e l’utilizzo di nuovi dispositivi consentono oggi di raggiungere il recupero funzionale in tempi sempre più contenuti. La “riduzione artroscopica assistita”, ad esempio, permette di intervenire con un impatto quasi pari a zero, sfruttando microtelecamere che vengono inserite nell’articolazione – caviglia, ginocchio, spalla e gomito – attraverso piccoli fori fatti nella pelle. Sempre per via percutanea, possiamo curare fratture anche molto complesse inserendo placche con viti a stabilità angolare utilizzando la tecnica chiamata MIPO (Minimally Invasive Plate Ostheosynthesis). Anche in questo caso i tempi di guarigione sono sensibilmente ridotti, come anche quelli che fanno seguito all’intervento che riguarda le fratture del collo del femore che richiedono l’impianto di una protesi d’anca. In questo caso procediamo attraverso una via di accesso mininvasiva anteriore (AMIS) che viene utilizzata anche in caso di artrosi e che non intacca minimamente i muscoli consentendo un recupero più agevole».
Siamo nella stagione dello sci, quali sono le fratture più frequenti sulle piste?
«Per quanto riguarda lo sci alpino, le lesioni più frequenti sono quelle del menisco e dei legamenti del ginocchio. Tra le fratture, invece, predominano quelle del ginocchio e delle tibie, subito sopra lo scarpone».
È possibile prevenire lesioni e fratture mentre si scia?
«Impossibile prevedere l’evento fortuito, questo è logico, ma diminuire il rischio di caduta, questo sì, è possibile. È importante giungere all’appuntamento con le piste avendo muscolatura adeguata e prontezza di riflessi allenata. Fondamentale è anche dotarsi di un’attrezzatura sportiva consona all’uso: mai dimenticarsi del casco, ma anche utilizzare sci proporzionati alle proprie capacità e scarponi troppo stretti e rigidi o troppo larghi che rendano difficile o dolorosa la sciata».
Parliamo di fratture del bacino, quali sono le principali cause?
Risponde il dottor Arduini: «La frattura del bacino è per fortuna un evento raro. È dovuta nella maggior parte dei casi a traumi ad alta energia – come incidenti stradali o cadute da altezze ragguardevoli – ma anche a incidenti sportivi di una certa violenza, che possono verificarsi in sport come il ciclismo, il rugby e anche lo sci alpino».
Come viene “aggiustata” una rottura del bacino?
«Si tratta di una chirurgia molto complessa, che varia a seconda della tipologia di frattura. Se l problema riguarda l’acetabolo, c’è anche il coinvolgimento dell’anca ed è richiesta una riduzione dei frammenti per evitare il sorgere di artrosi e quindi di dolore. Se la frattura riguarda strettamente il bacino interessa la struttura tridimensionale delle pelvi, per cui occorre intervenire per ridare geometria e stabilità tali da assicurare un recupero adeguato. La novità è che in alcuni casi ben selezionati possiamo oggi intervenire anche con tecniche mininvasiva. La persona operata in questo caso può camminare, con il supporto delle stampelle, già il primo/secondo giorno e la guarigione completa è prevista nell’arco di circa 3 mesi».
(Ispirato all’articolo “Frattura dele ossa. Le “riparazioni” sono mininvasive” pubblicato sl quotidiano “L’Eco di Bergamo” il 13 gennaio 2019)