Una buona prevenzione del tumore al seno consente oggi una sopravvivenza superiore al 90%.
La prevenzione, in questo caso, è di due tipi: primaria o secondaria. La prevenzione primaria è quella che ogni donna può fare direttamente, tramite un opportuno controllo dell’alimentazione e degli stili di vita. La prevenzione secondaria è quella che viene invece eseguita sottoponendosi a delle visite cliniche e a esami strumentali sempre più precisi, come spiega la dottoressa Cinzia Monti dell’Unità Operativa di Radiologia di Humanitas Gavazzeni Bergamo.
Quanto è importante l’impiego della tecnologia in ambito di prevenzione senologica?
«Molto. Per fare una buona prevenzione è fondamentale sottoporsi a degli esami di screening che oggi sono in grado di individuare in modo precoce l’eventuale presenza di un tumore al seno. L’esame di riferimento è la mammografia che, secondo le attuali indicazioni internazionali, deve essere eseguita a partire dai 40 anni. L’età si abbassa tuttavia nelle pazienti che hanno una storia familiare nota di tumore al seno, che devono anticipare i tempi per l’effettuazione degli esami e della visita senologica che ne rappresenta il naturale primo step».
La mammografia è pertanto l’esame che consente di intervenire precocemente sui problemi senologici?
«Sì, è l’esame considerato di riferimento. E lo è ancor più da quando è a disposizione della scienza medica la tecnologia di implementazione che risponde al nome di tomosintesi. Si tratta di un esame tridimensionale, che consente di visualizzare sullo schermo la mammella suddividendola in strati dello spessore di un millimetro l’uno. Per la paziente non cambia alcunché; l’esame è all’apparenza lo stesso di prima. Ma i risultati che vengono offerti da questa nuova tecnologia sono notevoli, se paragonati a quelli della mammografia tradizionale, che fornisce immagini di tipo bidimensionale».
La tomosintesi consente di individuare situazioni critiche che prima non si vedevano?
«Sì, con la tomosintesi riusciamo oggi a individuare quasi il 30-40% in più di tumori invasivi, che prima si sarebbero visti in notevole ritardo. E tutto questo senza che vi sia un aumento di esposizione alle radiazioni, che quantitativamente – e questo è un altro vantaggio non di poca rilevanza – non sono maggiori di quelle della mammografia tradizionale».