Il 12 maggio si è festeggiata la “Giornata internazionale dell’infermiere”. Si è trattato, quest’anno, di un’edizione particolare, per tre grandi motivi.
Il primo perché sono trascorsi giusto 200 anni dalla nascita di Florence Nightingale, la fondatrice delle scienze infermieristiche moderne, nata a Firenze nel 1820 da genitori inglesi. La giornata dell’infermiere viene festeggiata proprio nel giorno della sua nascita, in suo onore.
Il secondo è che l’Organizzazione Mondiale della Salute a inizio 2020 ha deciso di dedicare l’intero anno a infermieri e ostetriche.
Il terzo è che questa giornata, in questo momento così difficile e impegnativo dal punto di vista sanitario, è stata l’occasione per sottolineare l’impegno e la professionalità di migliaia di infermieri che da settimane e settimane lottano con abnegazione e senza sosta contro il Covid-19.
Che cosa significa essere infermieri
Per spiegare che cosa significa essere infermieri, prendiamo in prestito alcune frasi raccolte nel video girato negli ospedali del Gruppo Humanitas:
«L’infermiere, in una parola, è “aiutare”»
«Essere infermiere significa amore, che non è ciò che fai, ma quanto ne metti in ciò che fai»
«Una vita spesa per aiutare gli altri è una vita vissuta il doppio»
«Non “si fa” l’infermiere, ma “si è” infermiere».
Nessun infermiere degli ospedali Humanitas Bergamo – come di tutti gli altri ospedali d’Italia, del resto – si è tirato indietro, in tutti questi giorni. Alcuni si sono ammalati, sono guariti e sono tornati al lavoro, sempre pronti a svolgere la loro preziosa attività di supporto, sia sanitario sia umano.
Nei momenti più critici, tra i letti delle terapie intensive, sono stati proprio loro, gli infermieri e le infermiere, a portare un costante aiuto alle persone colpite dal virus, attraverso cure e parole gentili, queste seconde spesso più importanti delle cure stesse.
Il lavoro dell’infermiere: assistere, risolvere e accompagnare
Alla base di questa professione ci sono ancora oggi i valori individuati da Florence Nightingale: coscienza, impegno, passione e organizzazione professionale. «Attribuisco il mio successo a questo – diceva parlando del suo lavoro –: non ho mai dato o trovato scuse».
Parole e principi che si ritrovano nell’infermiere di oggi, impegnato in ospedale o in comunità. Una figura che, all’interno delle realtà sanitarie «getta ponti verso chi ha bisogno – sottolinea Katia Morstabilini, responsabile dei Servizi Assistenziali di Humanitas Gavazzeni e Castelli –, che incontra nel lavoro solitudine e sofferenza, che lavora per assistere, risolvere e accompagnare».
Quella dell’infermiere, è una professione eterogenea, che si sviluppa in varie direzioni, come spiega la stessa responsabile: «Prima di tutto l’infermiere ricopre il ruolo di praticante, che riguarda tutte le azioni eseguite per soddisfare i bisogni di assistenza sanitaria e infermieristica. Poi il ruolo di leadership, che riguarda l’organizzazione di azioni eseguite da altri, orientate a determinare e a raggiungere gli obiettivi di assistenza al paziente. Infine il ruolo di ricerca, che riguarda il contributo dato allo sviluppo della base scientifica della professione».
L’OMS ritiene che una forza lavoro infermieristica diffusa sia la chiave per raggiungere, nei prossimi anni, una copertura sanitaria universale. Per questo ritiene che entro il 2030 il mondo avrà bisogno di altri 9 milioni di infermieri e ostetriche.