Quella del gomito è un’articolazione complessa, che vede l’accostamento di tre ossa fondamentali per le azioni che compiamo ogni giorno: l’omero, cioè l’osso del braccio, il radio e l’ulna, che sono le ossa dell’avambraccio.
La perfetta connessione tra queste ossa ci consente di eseguire i movimenti di flesso-estensione del nostro avambraccio ma anche quelli di prono-supinazione, che coincidono con i movimenti rotatori che svolgiamo quotidianamente, come girare le chiavi nella toppa, aprire il tappo di una bottiglia e in molti altri gesti lavorativi o sportivi.
Parliamo del gomito e delle patologie che lo possono colpire con il dottor Francesco Catellani ortopedico, referente dell’Ambulatorio Gomito dell’Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia di Humanitas Gavazzeni e di Humanitas Medical Care di Bergamo.
Dottor Catellani, quali sono le patologie che possono colpire il gomito?
«Le patologie del gomito si suddividono in tre grandi categorie. La prima è quella relativa ai traumi: quando si cade il gomito può essere interessato in modo diretto oppure indiretto, quando atterrando sulle nostre mani l’articolazione gomito diventa il fulcro di un movimento innaturale rotazionale o torsionale che scarica una forza lesiva sia sull’osso sia sui legamenti, che sono i tessuti che mantengono la stabilità dell’articolazione sia dal punto statico, quando il gomito è fermo, sia da quello dinamico, quando questo si muove».
Le altre due categorie quali patologie comprendono?
«La seconda riguarda le malattie infiammatorie, che possono riguardare soprattutto i tendini, cioè la parte terminale dei nostri muscoli, il tessuto che si inserisce direttamente sull’osso e che fa muovere l’articolazione. Gesti ripetuti nel lavoro ma anche e soprattutto nell’attività sportiva possono determinare, alla lunga, problematiche di tipo infiammatorio. La terza, invece, ricomprende le patologie cosiddette “degenerative”, cioè tutti i problemi dell’articolazione che sono originati dall’invecchiamento. Parliamo in questo caso soprattutto di artrosi, ma anche di patologie infiammatorie croniche su base autoimmunitaria, come ad esempio l’artrite reumatoide, che è una malattia piuttosto diffusa ed è causa di infiammazioni articolari».
Parliamo della prima categoria, quella relativa alle fratture del gomito. Sono complesse, da riparare?
«Sì, sono complesse. Stiamo parlando dell’interruzione di una o più tra le tre ossa che riguardano questa articolazione, come abbiamo detto l’omero, il radio e l’ulna. Una frattura che può anche essere multipla su uno stesso osso e che si ripercuote inevitabilmente sull’articolazione. Talvolta, quando viene meno l’integrità delle tre ossa insieme si associa anche una lussazione, per cui i cavi articolari oltre a rompersi completamente escono fuori dalla loro sede naturale. Per tutti questi casi la cura corrisponde all’esecuzione di un intervento chirurgico la cui gravità e complessità dipendono da vari fattori, problemi che sono trasversali e possono riguardare tutti, dai bambini fino ai giovani e agli adulti, sportivi, lavoratori, ma anche anziani che banalmente possono incorrere in cadute per strada o in casa».
Le fratture sono “riparate” con un intervento chirurgico. Come ci si arriva?
«L’intervento chirurgico è il punto finale di un iter diagnostico che prevede l’esecuzione di esami radiografici in diverse proiezioni. L’atto chirurgico è complicato perché può prevedere la riparazione di più ossa insieme e anche delle strutture legamentose. Quindi bisogna lavorare per ripristinare la complessa anatomia costituita dall’insieme di queste parti che convivono all’interno dell’articolazione».
È possibile recuperare completamente la funzionalità dell’articolazione?
«L’obiettivo è sempre quello del recupero completo. È importante raggiungere un arco di movimento che consenta di tornare a compiere i gesti più comuni della vita quotidiana, dal portare un bicchiere alla bocca a pettinarci, lavarci la faccia, portare un oggetto all’altezza degli occhi. Come detto, è difficile parlare, in questo caso, in termini generali: traumi diversi possono portare a fratture diverse, quindi è difficile se non impossibile dare in linea generale un’idea del risultato di un intervento chirurgico. Quello che si può dire, però, è che i mezzi chirurgici e la conoscenza di cui disponiamo oggi ci consentono di puntare sicuramente a un recupero pressoché completo, più vicino possibile al normale».
Il paziente è chiamato in qualche modo a collaborare alla buona riuscita dell’intervento?
«Certo, il buon risultato di un intervento chirurgico al gomito dipende molto anche dall’a’attività di riabilitazione che il paziente è chiamato a osservare nel post-intervento. La fase riabilitativa non è una fase accessoria, facoltativa, rappresenta un aspetto fondamentale del percorso terapeutico».