COME TI POSSIAMO AIUTARE?

CENTRALINO

035.4204111

Se hai bisogno di maggiori informazioni contattaci telefonicamente

PRENOTAZIONI

Prenotazioni telefoniche SSN
035.4204300
Prenotazioni telefoniche Private
035.4204500

LINEE DEDICATE

Diagnostica per Immagini
035.4204001
Fondi e Assicurazioni
035.4204400
Humanitas Medical Care Bergamo
035.0747000

Immunoterapia, gli uomini sembrano avere più benefici delle donne, si cerca di capire il perché

La valutazione dell’impatto di genere – maschile o femminile – sulla risposta e sull’efficacia di nuove terapie antitumorali, in particolare dell’immunoterapia: questo l’obiettivo del progetto di ricerca, supportato dal 5×1000 di Fondazione Humanitas per la Ricerca, guidato dal dottor Fabio Conforti, oncologo medico responsabile della Sezione di Senologia Medica dell’Area Oncologica di Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Lo studio coinvolge pazienti di ambo i sessi che sono affetti da tumore del polmone e sono candidati a ricevere immunoterapia. I primi risultati sembrano confermare una risposta terapeutica migliore, soprattutto per quanto riguarda la sopravvivenza, nell’uomo rispetto alla donna. L’obiettivo è quindi quello di identificare il “gap” che crea questa apparente disparità a parità di condizioni cliniche.

Dottor Conforti, che cosa si intende quando si parla di immunoterapia?

«L’immunoterapia è un tipo di cura che si basa sull’utilizzo di una recente classe di farmaci, in prevalenza anticorpi, che aiutano il sistema immunitario del paziente a riconoscere e a eliminare le cellule tumorali. Negli ultimi anni queste nuove terapie hanno rivoluzionato il trattamento di vari tumori, come ad esempio il carcinoma polmonare, i tumori genitourinari e il melanoma, favorendo risultati migliori in termini di sopravvivenza e di qualità della vita rispetto a terapie convenzionali come la chemioterapia».

Qual è il rapporto tra l’immunoterapia e i generi maschile e femminile? Quali sono, a questo proposito gli obiettivi specifici del vostro progetto di ricerca?

«Recenti evidenze mostrano che la risposta all’immunoterapia è influenzata, in modo indipendente dal tipo di tumore che si vuole trattare, dal genere: gli uomini, appunto, sembrano rispondere meglio al trattamento rispetto alle donne. Il nostro studio ha l’obiettivo di fornire risposte concrete su questo punto. In particolare vorremmo identificare i meccanismi biologici che sottendono a questo fenomeno, personalizzare strategie terapeutiche per ciascun sottogruppo di pazienti e migliorare la prognosi e la sopravvivenza di queste persone. Prestando una particolare attenzione alle donne, che appaiono essere uno dei sottogruppi più penalizzati dalla risposta all’immunoterapia».

Il vostro lavoro di ricerca ha una rispondenza a livello internazionale…

«Sì, già nel 2018 è stato pubblicato sull’autorevole rivista “Lancet Oncology” un mio lavoro di analisi svolto sui dati di più di 100mila pazienti trattati con immunoterapia all’interno di 20 studi clinici differenti, che mostrava come le donne ottengano un beneficio inferiore in ambito di sopravvivenza, di circa la metà rispetto agli uomini. Dati che sono stati confermati anche da altri gruppi internazionali e che ci pongono di fronte alla grande esigenza di comprendere la ragione per cui esiste questa differenza di genere».

Quali sono finora i risultati ottenuti dalla vostra ricerca? Siete riusciti a comprendere da dove nasca questa differenza di genere? Quali sono i vostri prossimi step?

«Le ipotesi che stiamo indagando riguardano l’assetto ormonale che potrebbe condizionare la differente risposta terapeutica, oltre al diverso funzionamento del sistema immunitario. L’obiettivo delle ricerche, attuali e future, è dunque quello di cercare di capire il ruolo rivestito dagli ormoni, oltre al possibile differente impatto generato nelle diverse fasce d’età della donna, pre o post menopausale e altre indicazioni che possono a vario titolo interferire. Risposte che consentiranno di predisporre specifici approcci terapeutici, ad esempio la somministrazione di trattamenti immunoterapici in maniera contestuale a trattamenti endocrini ormonali in pazienti di entrambi i sessi, in accordo a età e stato menopausale nelle donne. Un modo di procedere attraverso ricerche e sperimentazioni che, nel futuro sempre più, dovrebbero tenere conto del fattore “genere” come elemento cruciale su cui strutturare approcci terapeutici mirati».