Che cos’è l’artroprotesi d’anca con via d’accesso anteriore?
L’artroprotesi d’anca è l’intervento chirurgico eseguito per l’inserimento di una protesi con cui viene sostituita l’articolazione danneggiata.
La sostituzione dell’anca può essere eseguita raggiungendo l’articolazione attraverso diverse vie di accesso. Una tra queste, quella più attuale e meno impattante, è la tecnica AMIS (Anterior Minimally Invasive Surgery), in Italia denominata “artroprotesi dell’anca con via d’accesso anteriore”.
Si tratta di una tecnica mininvasiva, che prevede un accesso eseguito con un piccolo taglio attraverso cui il chirurgo introduce gli strumenti chirurgici e interviene sulla parte malata sostituendola, appunto, con una protesi.
L’intervento viene eseguito in anestesia spinale con dosi minime e modulabili di anestetico.
Quando viene eseguita l’artroprotesi d’anca con via d’accesso anteriore?
L’intervento di sostituzione protesica è riservato ai pazienti affetti da degenerazione dell’articolazione dell’anca (coxartrosi) di tipo primario o secondario (dovuta a patologie, farmaci, traumi ecc.).
Come viene eseguito l’intervento di artroprotesi d’anca con via d’accesso anteriore?
Durante l’esecuzione dell’intervento di artroprotesi d’anca con via d’accesso anteriore il paziente è sdraiato sul lettino in posizione supina. Il chirurgo esegue una piccola incisione cutanea, di 8-10 cm, in una zona della coscia priva di grasso, introduce gli strumenti chirurgici senza provocare alcun danno ai tessuti (muscoli, vasi, nervi) e, raggiunta l’articolazione, procede all’osteotomia del collo del femore asportando la testa e provvedendo alla preparazione dei siti anatomici. Infine, dopo opportune prove e un controllo in fluoroscopia per verificare il corretto posizionamento anatomico dell’impianto, provvede a posizionare le componenti protesiche definitive.
L’intervento ha una durata di circa un’ora.
Quali sono i vantaggi dell’intervento di artroprotesi d’anca con via d’accesso anteriore?
La tecnica AMIS (Anterior Minimally Invasive Surgery) consente di ottenere molti vantaggi:
- la modalità d’intervento riduce il trauma chirurgico dal momento che rispetta le strutture vascolo-nervose e soprattutto non prevede alcuna incisione dei tessuti muscolari che vengono semplicemente “spostati” per consentire al chirurgo di raggiungere l’articolazione e posizionare la protesi; provoca una scarsa perdita ematica durante l’intervento e poco dolore nel post-operatorio
- la conservazione dei muscoli consente di ridurre il sanguinamento intra e postoperatorio e, di conseguenza, di accelerare la fase di riabilitazione eseguita dal personale della medicina riabilitativa, riducendo di molto i tempi della degenza ospedaliera
- la riabilitazione e la deambulazione cominciano già dal giorno dell’intervento senza che vi sia necessità di utilizzare particolari precauzioni anti-lussazione e prosegue con circa 10 giorni di terapia riabilitativa in centro ospedaliero
- il fatto di utilizzare un accesso mininvasivo riduce anche di molto il rischio di infezioni
- la riduzione dei tempi chirurgici diminuisce i tempi di anestesia – che non superano l’ora – e riduce il rischio di complicanze di carattere generale correlate alla stessa anestesia
- il ricorso ad anestesia spinale contribuisce ad abbassare il rischio di tromboembolie, che rappresentano una delle complicanze degli interventi di artroplastica
- la variante dell’incisione cutanea cosiddetta “Bikini”, eseguita in corrispondenza della piega inguinale, permette una cicatrizzazione ottimale in quanto sfrutta le linee di tensione della pelle (Linee di Langer) e in tal modo risulta quasi del tutto “invisibile”.
Qual è la durata nel tempo dell’artroprotesi d’anca?
L’utilizzo di protesi con interfaccia ceramica-ceramica o ceramica-polietilene di ultima generazione (cross-linkato con la vitamina E) consente un’ottima resistenza all’usura con una durata media di vita di oltre 10 anni. L’accoppiamento ceramica-ceramica attualmente è meno utilizzato in quanto la ceramica, se non correttamente posizionata all’interno del cotile, ha il rischio di rompersi. Altra complicanza di questo accoppiamento è il cosiddetto “squeaking”, ovvero il rumore articolare molto fastidioso da sopportare per il paziente.