Che cos’è la malattia di Parkinson?
La malattia di Parkinson (MP), descritta per la prima volta da James Parkinson nel 1817 e chiamata successivamente “paralisi agitans”, è una malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale che coinvolge in particolar modo le funzioni relative al controllo del movimento e presenta un’evoluzione lenta ma progressiva. Si riscontra in entrambi i sessi, con una lieve prevalenza in quello maschile.
L’età media di esordio è intorno ai 58-60 anni, ma circa il 5% dei pazienti può presentare un esordio giovanile tra i 21 e i 40 anni. Prima dei 20 anni è estremamente rara. Sopra i 60 anni colpisce l’1-2% della popolazione, mentre la percentuale sale al 3-5% quando l’età è superiore agli 85.
La malattia di Parkinson si caratterizza per una degenerazione a livello cerebrale che interessa soprattutto alcune strutture del sistema nervoso centrale, in particolare dove è prodotta la dopamina, un neurotrasmettitore essenziale per il controllo dei movimenti corporei: in pratica diminuisce la quantità disponibile nell’organismo di questo neurotrasmettitore.
Quali sono le cause della malattia di Parkinson?
Le cause della malattia di Parkinson non sono ancora, a oggi, del tutto note. Sono state formulate varie ipotesi eziologiche, fra queste possiamo ricordare: predisposizione ereditaria e fattori genetici, tossine ambientali e invecchiamento.
Un paziente colpito da malattia di Parkinson su cinque denuncia una storia familiare legata a questa patologia. L’identificazione dei geni coinvolti nella malattia di Parkinson familiare è un passo cruciale nella ricerca. Alcuni studi hanno dimostrato come il rischio di contrarre questa malattia aumenti con l’esposizione a tossine presenti in idrocarburi, cianuro, solventi, pesticidi e in alcuni metalli pesanti come il ferro, lo zinco e il rame.
Quali sono i sintomi più evidenti della malattia di Parkinson?
I sintomi più evidenti della malattia di Parkinson sono: fine tremore a riposo, rigidità degli arti, lentezza motoria fino a quadri importanti di acinesia, cioè di diminuzione dei movimenti. Possono presentarsi però anche sintomi non motori, quali disturbi vegetativi, stipsi e disturbi sfinterici.
Nelle fasi iniziali della malattia di Parkinson possiamo avere la presentazione solo di alcuni sintomi; ci sono forme non tremorigene (non caratterizzate quindi da tremore) ma solo acinetiche–rigide e viceversa alcune forme sono solo tremori gene-rigide. Il tremore è più frequente nei pazienti con malattia a esordio precoce.
Il quadro clinico può modificarsi con la progressione di malattia e nel tempo con comparsa di segni e sintomi aggiuntivi durante il decorso clinico. Nella fase di esordio spesso è difficile riconoscere i sintomi, soprattutto da parte delle persone colpite: molte volte sono i parenti o conoscenti ad avvertire “la differenza” e che c’è qualcosa che non va nei comportamenti abituali della persona vicina, e spesso all’inizio i sintomi possono essere presenti solo da un lato del corpo e solo successivamente estendersi bilateralmente.
Come può essere individuata la malattia di Parkinson?
La diagnosi della malattia di Parkinson è prevalentemente clinica (valutazione dei sintomi e della storia clinica del paziente) supportata da esami strumentali quali la risonanza magnetica cerebrale, la scintigrafia cerebrale con DAT scan, la PET cerebrale con un marcatore quale la Fluorodopa e la scintigrafia miocardia, importante per la diagnostica differenziale.
A tale proposito fondamentale è la diagnostica differenziale con le forme di Parkinsonismi che includono altre sindromi neurodegenerative definite atipiche o “Parkinson Plus” per la presenza di sintomi e segni neurologici aggiuntivi ai classici malattia di Parkinson, quali ad esempio l’ipotensione posturale, la compromissione cognitiva e altro.
Come si può curare la malattia di Parkinson?
L’approccio terapeutico al malato di malattia di Parkinson può essere non solo farmacologico, ma anche chirurgico e soprattutto riabilitativo. Esistono trattamenti sintomatici per migliorare i sintomi della malattia, trattamenti protettivi con lo scopo di interferire con i meccanismi fisiopatologici della malattia e trattamenti restituivi, con lo scopo di stimolare i neuroni (cellule cerebrali) superstiti e la loro funzione.
L’abolizione di tutti i segni e sintomi della malattia di Parkinson a oggi non è ancora possibile anche con utilizzo dei farmaci ad alte dosi. Il trattamento deve essere strettamente personalizzato. L’utilizzo della levodopa (precursore della dopamina in grado di attraversare la barriera ematoencefalica e quindi di agire direttamente) è comunque da considerare un successo della medicina moderna. Esistono e sono sempre più in studio farmaci mirati a tale patologia.
Un problema cruciale che non deve essere dimenticato sono le complicanze della malattia e quelle di natura farmacologica, fatto questo che implica un attento monitoraggio del paziente da un punto di vista clinico.