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Sindrome dello stretto toracico superiore


Che cos’è la sindrome dello stretto toracico superiore?

Per sindrome dello stretto toracico superiore (TOS, Thoracic Outlet Syndrome) si intende una situazione clinica provocata da compressione di una o più componenti del fascio neurovascolare – nervi, arteria e vena – che percorrono il canale che dal collo va al braccio, sulla parte superiore del torace.

Colpisce soprattutto il sesso femminile tra i 20 e 40 anni. A seconda della struttura anatomica più coinvolta dalla compressione – plesso brachiale, arteria o vena succlavia – si possono distinguere tre diverse forme cliniche:

  • la sindrome neurogena (nTOS di gran lunga la più frequente, 90% dei casi),
  • la sindrome arteriosa (aTOS),
  • la sindrome venosa (vTOS).

Le forme vascolari venose sono quattro volte più frequenti di quelle arteriose.

Quali sono le cause della sindrome dello stretto toracico superiore?

Le cause che provocano la sindrome dello stretto toracico superiore possono essere classificate in tre categorie: cause congenite (presenza di anomalie anatomiche), cause traumatiche e cause funzionali.

Le cause congenite sono rappresentate da numerose forme di anomalie anatomiche, le più frequenti delle quali sono la presenza di una costa accessoria (costa cervicale che, più o meno estesa, è disposta al di sopra della prima costa), di malformazioni della prima costa e/o clavicola o di legamenti o muscoli accessori. Le anomalie ossee sono le principali cause di aTOS acuta, determinando una dilatazione poststenotica da turbolenza del flusso con conseguenti tromboembolie periferiche.

Le cause traumatiche sono rappresentate da fratture di clavicola, prima costa o anche coste accessorie, nonché da lesioni muscolari. Spesso sono causate da incidenti stradali. La creazione di alterazioni fibrose cicatriziali, ossificazioni anomale ecc. alterano l’anatomia locale e possono talvolta coinvolgere direttamente le strutture neurovascolari.

Le cause funzionali sono rappresentate essenzialmente da intensa e/o ripetitiva attività muscolare, sia di tipo sportivo sia lavorativo, che può causare ipertrofia muscolare con conseguenti restringimento dell’egresso toracico e microtraumi delle strutture neurovascolari. Un esempio è rappresentato dalla “trombosi da sforzo” della vena succlavia, altrimenti definita Paget-Schroetter Syndrome.

Va inoltre ricordato che anche patologie tumorali possono simulare tale sindrome per compressione e/o infiltrazione delle stesse strutture neurovascolari.

Quali sono i sintomi della sindrome dello stretto toracico superiore?

La sintomatologia della sindrome dello stretto toracico superiore dipende dalla struttura, neurogena o vascolare, coinvolta nella compressione. Tuttavia essa può essere anche complessa, essendo non raramente causata dal contemporaneo coinvolgimento di due (più sovente plesso e arteria) o tutte e tre le strutture neurovascolari.

Questi i sintomi che sono propri delle tre distinte forme in cui viene classificata la sindrome dello stretto toracico superiore:

  • forma neurogena nTOS, causata dalla compressione dei tronchi nervosi del plesso brachiale: i sintomi più comuni sono il dolore e le parestesie. Possono evidenziarsi ipotrofie muscolari periferiche nel caso in cui il cronico insulto neurogeno stia danneggiando le strutture nervose motorie
  • forma venosa vTOS, causata dalla compressione della vena succlavia all’interno della spazio costoclavicolare: talvolta la sindrome si manifesta cronicamente con edema e/o cianosi dell’arto superiore, con maggior rappresentazione del disegno venoso superficiale dell’arto, della regione pettorale, clavicolare e della spalla, quando il paziente svolge attività fisica e/o solleva l’arto. Più spesso la sintomatologia si manifesta acutamente sotto forma di trombosi della vena succlavia da sforzo (sindrome di Paget-Schroetter) che tipicamente colpisce soggetti altrimenti sani. Il tipico paziente è un giovane adulto, sportivo, ma che può anche essere addetto ad attività lavorative fisiche ripetitive, maschio (doppia incidenza rispetto alle femmine) di età compresa tra 14 e 45 anni. Il sintomo tipico, che compare dopo uno sforzo muscolare dell’arto, è il gonfiore improvviso che interessa tutto l’arto colpito. Altri sintomi frequenti sono il senso di pesantezza, fastidio e cianosi.  Sebbene ci sia il rischio di embolia polmonare, questa non sarebbe particolarmente frequente: essa si presenterebbe nel 17-30% dei casi di vTOS
  • forma arteriosa aTOS, la meno frequente: può manifestarsi come funzionale ad andamento intermittente (chiusura dell’arteria soprattutto con arto abdotto), con sintomatologia ischemica tipo claudicatio dell’arto (dolore e pallore) che può assomigliare alle forme nTOS. L’eventuale sintomatologia acuta è dovuta alla tromboembolia con danno ischemico secondario a dilatazione poststenotica causata frequentemente da una costa cervicale accessoria.

Come può essere individuata la sindrome dello stretto toracico superiore?

Due aspetti primari per una corretta diagnosi della sindrome dello stretto toracico superiore sono l’attenta valutazione dei sintomi e l’esame obiettivo con manovre specifiche.

Le indagini di imaging più utilizzate sono la radiografia della colonna cervicale, l’angioTC (che offre un’ottimale definizione anatomica dell’egresso toracico), l’angioRM e le angiografie tradizionali che possono essere perfezionate con le diverse posizioni dell’arto. Questi accertamenti consentono di identificare eventuali anomalie anatomiche e alterazioni del flusso ematico e sono molto utili nel per porre una corretta indicazione chirurgica. Infine consentono di effettuare la diagnosi differenziale con la patologia tumorale (esempio: tumore di Pancoast).

Funzionalmente, il distretto vascolare deve essere in prima battuta studiato mediante ECO Doppler, esame non invasivo e dotato di adeguata sensibilità e specificità. Nel caso di nTOS la valutazione elettrofisiologica (elettromiografia e velocità di conduzione nervosa) è di fondamentale importanza perché è specifica, anche se non molto sensibile, e consente di porre diagnosi differenziale con altri disturbi come radiculopatie cervicali, mielopatie e altri intrappolamenti nervosi a livello vertebrale, del gomito e del polso (la sindrome del tunnel carpale è la più frequente).

In caso di trombosi venosa profonda nel vTOS si impone uno studio laboratoristico per la trombofilia.

Come si può curare la sindrome dello stretto toracico superiore?

Le forme vascolari della sindrome dello stretto toracico superiore andrebbero sempre considerate potenzialmente chirurgiche, mentre quelle neurogene più spesso traggono giovamento da trattamenti conservativi: farmacologico (analgesici, antiinfiammatori e miorilassanti) e soprattutto riabilitativo (meccanica posturale, stretching dei muscoli che chiudono lo stretto e rafforzamento di quelli che lo aprono).

L’opzione chirurgica nelle nTOS si riserva quindi solamente alle forme refrattarie.

Le tromboembolie arteriose che complicano l’aTOS richiedono un primo approccio disostruttivo farmacologico e/o endovascolare/chirurgico periferico, seguito dalla decompressione chirurgica. La trombosi venosa profonda del vTOS andrebbe trattata acutamente con una fibrinolisi locale mediante catetere subito seguita da decompressione chirurgica.

La decompressione chirurgica consiste nell’ampliare lo spazio dell’egresso toracico o rimuovendo eventuali anomalie anatomiche, o mediante l’asportazione della prima costa. Questa è la procedura storicamente più adottata. La via d’accesso può essere transascellare, sovraclaveare o infraclaveare.

Il risultato terapeutico, nell’esperienza dell’Unità Operativa di Chirurgia Toracica di Humanitas Gavazzeni e in linea con quanto riportato in Letteratura, supera il 90% dei casi.

Area medica di riferimento per la sindrome dello stretto toracico superiore

L’Unità Operativa di Chirurgia Toracica di Humanitas Gavazzeni di Bergamo presenta una delle maggiori casistiche nazionali in ambito di sindrome dello stretto toracico superiore ed è centro di riferimento per la patologia.

Nel suo ambito è a disposizione un team multidisciplinare specializzato, che offre la migliore qualità di cura. Il risultato terapeutico, nell’esperienza dell’UO e in linea con quanto riportato in Letteratura, supera il 90% dei casi.

È inoltre presente un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) per la cura delle trombosi venose profonde in acuto, che garantisce la possibilità di rapida diagnosi e terapia.