Il diabete è una malattia in continua espansione. Particolarmente presente nel mondo occidentale, l’OMS ritiene che nei prossimi 20 anni questa patologia subirà un incremento molto sensibile anche e soprattutto nei Paesi del terzo mondo. Questo perché la popolazione mondiale, anche quella dei paesi più poveri, sta diventando sempre più urbana e sta perdendo la propria capacità di movimento, modificando radicalmente le proprie abitudini alimentari e quindi sta assumendo tutte quelle connotazioni tipicamente occidentali che portano poi al sovrappeso, all’obesità, alla sedentarietà, che sono i maggiori fattori di rischio per lo stesso diabete.
Per fortuna oggi le possibilità di cura sono sempre più diffuse ed efficienti, sia per quanto riguarda il diabete tipo 1, sia per il diabete tipo 2. Ne parliamo con il dottor Antonio Bossi, diabetologo di Humanitas Gavazzeni a Bergamo.
Dottor Bossi, come si può intervenire sul diabete tipo 1?
«Il diabete tipo 1 viene curato fornendo all’organismo l’insulina che non viene correttamente prodotta per via naturale. Al fine di ottenere questo risultato oggi abbiamo a disposizione strumenti innovativi, come microinfusori che si applicano, su pazienti selezionati, sulla cute, spesso a livello addominale e contengono da 180 sino a 300 unità di insulina. Devono essere sostituiti ogni 2-3 giorni e permettono un controllo da remoto, per cui attraverso l’utilizzo di una specie di telefonino è possibile regolare sia le dosi di insulina basale, quella che serve nelle 24 ore, sia il bolo, che è l’insulina che serve quando ci si alimenta. Un altro strumento che oggi possiamo utilizzare è un sensore sottocutaneo, la cui azione ha una durata di sei mesi, che permette di “leggere” – attraverso l’utilizzo di un trasduttore di segnale che viene appoggiato sulla pelle in corrispondenza del sensore – la misurazione in continuo della glicemia. Il poter disporre di questi strumenti innovativi e per certi versi sorprendenti è un passo avanti importante nella gestione della malattia, un grande aiuto per l’attività di noi medici».
I farmaci con cui si cura il diabete tipo 2 hanno la funzione di ristabilire una giusta interazione tra l’insulina e i suoi recettori. Ce ne vuole parlare?
«Tra le ultime innovazioni abbiamo i farmaci chiamati incretine, che agiscono come un ormone che è vicino all’insulina e che agisce in stretto connubio con questa, permettendone un’azione migliore a livello delle cellule. Oggi inoltre godiamo di un’altra innovazione farmacologica che viene utilizzata su prescrizione specialistica e che ci permette di eliminare attraverso le urine l’eccesso di zucchero circolante tipico del diabete. Fino a qualche anno fa la presenza di zucchero nelle urine era vissuta come una condizione a rischio, oggi invece viene cercata dai medici perché permette di eliminare questo eccesso e grazie alla scoperta dei recettori specifici che sovrintendono questo controllo noi riusciamo ad avere dei profili glicemici più stabili e quindi ad avere meno rischi e meno pericolosità per i nostri malati di diabete tipo 2».
Dal punto di vista alimentare, come si deve comportare una persona diabetica?
«Deve anzitutto controllare il consumo di zuccheri semplici e rinunciare ai superalcolici, che contribuiscono a “sballare” gli equilibri metabolici. Deve poi riuscire a equilibrare bene gli alimenti di uno stesso pasto. L’ideale sono pasti misti, in cui siano presenti un po’ di carboidrati complessi, un po’ di proteine, pochi grassi e tanta fibra, che rallenta l’assorbimento dei nutrienti. Per noi è importante educare le persone a riconoscere gli alimenti, a capire quello che stanno per mangiare così da comprendere le cure cui sono sottoposti, sia nel caso di diabete tipo 1, sia in quello di diabete tipo 2».
Senza dimenticare gli almeno 10mila passi al giorno…
«Anche questi sono indispensabili. L’ideale sarebbe riservare 150 minuti di attività aerobica alla settimana. Ma se per motivi di lavoro o di scuola non riusciamo a farli tutti è comunque importante che ogni giorno si riservi una piccola porzione di tempo per muoversi, camminare, evitando la sedentarietà, uno dei nostri peggiori nemici quando si parla di diabete».
Dottor Bossi, si può convivere, con il diabete?
«Certo, si può convivere. L’importante è che nel paziente ci sia serenità d’animo, perché quando si è sereni e si è convinti di fare la cosa giusta si è nella migliore condizione, anche psicologica, per vivere una vita il più possibile uguale a chi non soffre di questa malattia».
Come prevenire e riconoscere il diabete? Leggi qui l’approfondimento.