La fibrillazione atriale è considerata la forma di aritmia, cioè di alterazione del ritmo cardiaco, più diffusa in Italia, con circa 1 milione e 100mila persone che ne soffrono.
Colpisce indifferentemente il sesso maschile e quello femminile, con una tendenza ad aumentare la sua frequenza con l’avanzare dell’età. Può presentarsi in tre differenti modi, a seconda di quale sia la durata dell’aritmia: parossistica, persistente e permanente o cronica. I suoi sintomi sono palpitazioni, dolore al torace e senso di stanchezza.
Come trattare la fibrillazione atriale?
Le linee guida, per il trattamento della fibrillazione atriale, oggi raccomandano l’effettuazione dell’ablazione trans-catetere endocardica. Si tratta però di una metodica che è molto efficace – risolutiva per il 98% dei casi – per le forme parossistiche, ma lo è meno per quelle persistenti, che si protraggono per almeno una settimana: qui la percentuale di successo scende al 40-60% dei casi. Numeri che divengono ancora più bassi riguardo le forme di aritmia definite “persistenti di lunga durata”, che durano più di un anno e non rispondono a trattamenti come la cardioversione elettrica.
Da che cosa dipende questa differenza di incidenza?
«La difficoltà dell’ablazione transcatetere tradizionale di incidere sulle forme di aritmia persistenti e persistenti di lunga durata – spiega il dottor Eduardo Celentano, responsabile dell’Elettrofisiologia di Humanitas Gavazzeni di Bergamo – dipende dal fatto che l’ablazione dall’inguine riesce a colpire solo alcune delle zone che sono responsabili della comparsa di questo tipo di fibrillazione».
Che cosa fare, dunque in casi di aritmia persistente o persistente di lunga durata?
«In questi casi la scelta migliore e più efficace per il paziente – prosegue il dottor Celentano – è quella di attuare un’ablazione ibrida, che prevede due differenti tipi di ablazione: una prima diretta alle zone esterne del cuore e una seconda diretta a quelle interne. Una procedura che consente di realizzare un’ablazione più completa e di ottenere, così, risultati superiori a quelli della tecnica tradizionale».
Come viene realizzata questa ablazione ibrida?
In Humanitas Gavazzeni questo tipo di ablazione viene realizzato con l’ausilio della tecnologia robotica, con le esperienze degli specialisti dell’Elettrofisiologia e della Cardiochirurgia robotica uniti nella ricerca di una soluzione quanto più ideale per il paziente.
L’utilizzo del robot per il trattamento epicardico della fibrillazione atriale persistente eseguito in Humanitas Gavazzeni è un’esperienza unica in Europa, resa possibile a seguito di un periodo di formazione che l’intero staff dell’Hart Team dell’Elettrofisiologia e Cardiochirurgia robotica di Humanitas Gavazzeni a svolto nel Medical College of Wisconsin, presso la sede ospedaliera del Centro cardiovascolare e vascolare di Milwaukee coordinato dal dottor Stefano Schena.
Come viene eseguito l’intervento di ablazione ibrida con il robot?
L’intervento prevede un accesso laterale al cuore, con quattro ingressi di massimo 12 millimetri che rendono l’intervento mininvasivo, tale da lasciare cicatrici post-operatorie piccolissime. Il cardiochirurgo utilizza i “bracci” del robot, che è dotato di “occhi” che consentono una visione completa in 3D a tutto campo e di “mani” che consentono di agire con la massima precisione realizzando gesti di fondamentale importanza per la miglior ripresa del paziente.
In che cosa consiste l’intervento di ablazione eseguito con l’ausilio del robot?
«L’utilizzo del robot – afferma il dottor Alfonso Agnino, responsabile della Cardiochirurgia robotica di Humanitas Gavazzeni – ci permette di chiudere l’auricola nel corso dell’intervento, riducendo così in modo sensibile il rischio di trombo embolico ed emorragico oltre che le recidive di fibrillazione. Ci consente inoltre di eliminare l’assunzione di farmaci anticoagulanti da parte del paziente. Questa procedura consente inoltre di utilizzare un sistema di chiusura dell’auricola totalmente nichel free – cioè senza utilizzo di nichel, metallo che può causare allergie nei soggetti che ne sono predisposti – permettendo così di allargare di molto il bacino di pazienti che possono accedere a questa soluzione di cura».
Quali risultati consente di ottenere questa tipologia di intervento sulla fibrillazione atriale?
«Questo approccio che, come abbiamo visto, unisce le competenze elettrofisiologiche e quelle elettrochirurgiche – conclude il dotto Agnino – consente di ottenere ottimi risultati. Secondo dati che ci giungono dagli USA questo intervento integrato permette di risolvere la patologia aritmica nell’85% dei casi».