La fibromialgia è molto dolorosa e difficile da riconoscere, due aspetti che contribuiscono all’insorgenza di problemi psicologici gravi per il paziente.
Il grande problema della fibromialgia, malattia che negli ultimi tempi sembra essere sempre più diffusa, è che si tratta di una patologia non facilmente diagnosticabile. Chi ne è colpito – si tratta soprattutto di donne con età compresa tra i 40 e i 50 anni – soffre di intensi dolori diffusi in tutto il corpo di cui spesso non si riesce, di primo acchito, a riconoscere l’origine, dal momento che gli esami risultano tutti nei limiti e le visite cui ci si sottopone non danno esito positivo.
Si tratta di un aspetto di non poca importanza, che comporta grossi problemi anche di natura psicologica per il paziente, come sottolinea la professoressa Bianca Marasini, responsabile dell’Ambulatorio di Reumatologia di Humanitas Gavazzeni Bergamo.
Quali problemi possono sorgere dal non riconoscimento immediato della fibromialgia?
«Spesso il paziente, dato che gli esami sono rigorosamente negativi, ha dolore ma le articolazioni non sono infiammate, si sente dire che non ha nulla, che è un malato immaginario. E per questo, sentendosi sempre più frustrato e depresso, continua a cercare altri pareri medici (il cosiddetto “shopping doctor”) nella speranza di arrivare a una diagnosi e alla terapia. Perciò, quando si reca da un reumatologo che è in grado di riconoscere la patologia che lo affligge, prova un sicuro sollievo che spesso porta già di per sé a un miglioramento della sintomatologia».
Una volta riconosciuta, come può essere curata la fibromialgia?
«Le terapie anti-fibromialgia oggi disponibili non sono purtroppo risolutive, permettono solo di controllare, e solo parzialmente, il dolore e gli altri sintomi. Questo perché non si conosce ancora esattamente che cosa ci sia alla base della malattia. Si pensa che nella fibromialgia siano amplificate le sensazioni dolorose, vi sia cioè un’alterazione del modo in cui il cervello elabora i segnali di dolore. Questo sembra dovuto a una disfunzione delle sostanze che regolano la percezione del dolore a livello del sistema nervoso centrale, i cosiddetti neurotrasmettitori, in particolare serotonina e noradrenalina. Per questa ragione, il primo approccio terapeutico si indirizza a quei farmaci che regolano l’attività di questi neurotrasmettitori. La maggior parte di questi farmaci sono classificati tra gli antidepressivi, nome che non deve far paura…».
Che cosa c’entrano gli antidepressivi con la fibromialgia?
«Nonostante il loro nome, gli antidepressivi sono spesso utilizzati nella cura del dolore cronico o anche di altre condizioni diverse dalla depressione. Essi funzionano regolarizzando i livelli di quei neurotrasmettitori che nel cervello sono coinvolti nei meccanismi della regolazione dell’umore, che spesso sono gli stessi che regolano il dolore. È dimostrato inoltre un collegamento tra la fibromialgia e alcune forme di ansia e depressione. D’altra parte le persone con patologie dolorose croniche, non solo di natura fibromialgica, si sentono depresse e in ansia proprio a causa dei loro sintomi difficili da gestire; la convivenza cronica con dolore e stanchezza genera depressione e a sua volta la depressione aggrava la fibromialgia».