L’ipertrofia prostatica benigna, l’ingrossamento della prostata, è la malattia urologica maschile più diffusa, che colpisce l’80% degli italiani over 50.
Curarla è possibile e diverse sono le tecniche a disposizione degli urologi tra cui, di grande efficacia e ampia applicazione, una nuova tecnica mininvasiva che si avvale di un laser “a raggio verde”: il Greenlight laser.
«L’ipertrofia prostatica benigna – spiega Emanuele Micheli, responsabile dell’Unità operativa di Urologia di Humanitas Gavazzeni – incide pesantemente sulla qualità della vita, con disturbi che comprendono la difficoltà a urinare, l’urgenza e frequenza di minzione, anche notturna e, nei casi più gravi, la completa ritenzione urinaria che richiede l’urgente ricorso al catetere. L’ipertrofia prostatica può incidere negativamente anche sulla sfera sessuale. Quando la prostata si ingrossa ostruendo il passaggio dell’urina e la terapia farmacologica non è più efficace è necessario asportare il tessuto in eccesso».
I vantaggi del Greenlight laser
Il Greenlight laser permette di curare questa patologia. «Si tratta di una tecnica messa a punto negli Stati Uniti – aggiunge Vincenzo Altieri, dell’équipe di Urologia di Humanitas Gavazzeni – che sfrutta l’azione di un potente laser al tribolato di litio che vaporizza con precisione millimetrica solo l’eccesso di tessuto prostatico, trasformandolo in bollicine di vapore. L’intervento mininvasivo si effettua per via endoscopica in anestesia spinale. La fibre laser, introdotta dal pene per via transuretrale attraverso uno strumento sottile, vaporizza con estrema precisione l’area interessata senza provocare sanguinamento in quanto determina una coagulazione immediata dei tessuti, non causa incontinenza urinaria, impotenza ed evita le recidive. La coagulazione immediata dell’area trattata consente di intervenire in tutta scurezza anche su pazienti ad alto rischio emorragico e fino a oggi inoperabili come, ad esempio, quelli affetti da malattie cardiovascolari e della coagulazione in terapia con farmaci anticoagulanti e/o antiaggreganti che, ora, possono essere operati senza più essere costretti a sospenderli (come invece avviene con la chirurgia tradizionale). È inoltre una tecnica indicata anche per pazienti con pacemaker».
Meno complicanze e recupero più veloce
Rispetto alla Turp, la resezione endoscopica transuretrale della prostata che costituisce l’intervento chirurgico più impiegato negli ultimi 50 anni, recenti studi internazionali e multicentrici dimostrano che questa tecnica laser ottiene gli stessi risultati per il paziente ma ha minori rischi di complicanze intra e post-operatorie, un’immediata e duratura risoluzione dei sintomi e si ricorre al catetere solo per brevissimo tempo, applicato sempre dopo gli interventi chirurgici alle vie urinarie per facilitare lo svuotamento della vescica.
«La metodica di vaporizzazione laser, grazie all’assenza di perdita ematiche, riduce dal 26% al 3% il ricorso a trasfusioni – conclude Micheli –, oltre ad avere una precoce risoluzione dei sintomi, una ripresa più rapida della minzione spontanea, una rimozione precoce del catetere, una degenza più breve e, infine, la ripresa delle comuni attività quotidiane in pochi giorni».
(articolo pubblicato sul quotidiano “L’Eco di Bergamo” del 10 dicembre 2017)