Una delle peculiarità di Humanitas Gavazzeni è la cura del cuore a 360°, puntando sulla ricerca costante di novità, aggiornamenti tecnologici e trattamenti, per offrire risposte sempre più esaustive e risolutive ai pazienti affetti dalle patologie cardiache.
Si inserisce in questo percorso la strutturazione, nell’ambito del Dipartimento Cardiovascolare, di un Servizio di Ecocardiografia e Diagnostica Cardiologica diretto dal dottor Alberto Maria Lanzone.
Dottor Lanzone, il nuovo servizio è un potenziamento di una realtà già presente in ospedale.
«Humanitas Gavazzeni sul cuore ha sempre avuto specialisti e percorsi di cura di eccellenza. Il Servizio ha gli strumenti per seguire il paziente in tutto il suo percorso diagnostico cardiovascolare con livelli di approfondimento diversi, dal base al super specialistico, grazie all’acquisizione di macchinari di ultima generazione, in particolare nell’ecocardiografia. Come il nuovo ecografo tridimensionale transtoracico e transesofageo, che ci permette di effettuare metodiche più puntuali nella definizione delle patologie e quindi, per il paziente, di avere il trattamento di cura più idoneo».
La preparazione e la formazione continua del personale medico è fondamentale..
«Siamo di fronte a macchinari che sono operatori dipendenti e quindi i medici, in questo come in altri ambiti, devono essere preparati, attenti e lavorare in équipe perché lo scambio di informazioni e di conoscenze non può che giovare al paziente».
Parlando del potenziamento della diagnostica di secondo livello, necessaria per le patologie più complesse, di cosa parliamo in particolare?
«Parliamo in particolare di due esami ambulatoriali, che sono poco invasivi per il paziente: l’ecotransesofageo tridimensionale, indicato per difetti congeniti e per tutte le patologie valvolari, soprattutto mitrale e aortica, e lo stress ecofarmacologico con tecniche di rielaborazione elettronica per la patologia ischemica. La strumentazione oggi in nostro possesso ci permette di effettuare anche metodiche nuove come la Speckle Tracking e la ricostruzione tridimensionale dello shape ventricolare, per valutare la deformazione longitudinale del cuore sotto stress farmacologico».
Quali sono oggi le patologie cardiache più frequenti e come le affrontate?
«La patologia più frequente è quella ischemica. Il percorso di cura su cui noi puntiamo è il potenziamento del test da sforzo, che è una diagnostica di base, seguita dalla valutazione funzionale con stress-ecofarmacologico, percorso di secondo livello come anche la scintigrafia miocardica e l’angio-Tac coronarica al fine di un trattamento poi di tipo emodinamico o cardiochirurgico. La seconda patologia è quella valvolare. Il primo step di esami, dopo la clinica, è l’ecocardiografia di base seguita da quella transesofagea tridimensionale. In base agli esiti, si prende la decisione terapeutica finalizzata a eseguire la riparazione valvolare o la sua sostituzione, con tecniche anche di tipo mininvasivo e/o in videotoracoscopia. Vi è poi la patologia aritmologica trattabile con successo mediante nuove tecnologie e, infine, la patologia congenita dell’adulto e la patologia ischemica cerebrale criptogenica, ovvero senza causa apparente, quest’ultima è correlabile alla presenza di un Forame Ovale Pervio, PFO».
Quanto ha contato e conta la cultura della prevenzione per la salute del nostro cuore?
«Moltissimo. La cultura della prevenzione fatta attraverso le istituzioni sanitarie, i medici, le campagne di sensibilizzazione, in questi anni ha portato a ridurre la pratica interventistica sulla patologia ischemica. La riduzione del fumo, l’attenzione al colesterolo, al controllo della pressione e all’attento monitoraggio del diabete hanno giovato al cuore, così l’assunzione dei farmaci ha fatto ridurre di molto i fattori di rischio. Non giocano a favore lo stress, il sovrappeso e la scarsa attività fisica che spettano anche alla responsabilità delle singole persone».
Articolo pubblicato il 6 novembre 2016 sul quotidiano “L’Eco di Bergamo”.