I linfomi sono tra tumori di maggiore frequenza in Italia, con un aumento di incidenza ogni anno. Si tratta di tumori che interessano il sistema linfatico e, più precisamente, i linfociti, le cellule preposte alle difese nei confronti delle infezioni.
Quali sono i fattori di rischio e quali le nuove terapie a disposizione? Ne parliamo con il dottor Daniele Laszlo, emato-oncologo (specialista nei tumori del sangue) che, dopo una lunga esperienza maturata allo IEO di Milano, è responsabile del Servizio di Ematoncologia di Humanitas Gavazzeni.
Dottor Laszlo, qual è l’incidenza di queste patologie?
«Per quanto riguarda il linfoma di Hodgkin, il tasso di incidenza si attesta in Italia a 3-4 casi per 100.000 abitanti per anno con un lieve aumento di casi nei soggetti di sesso maschile. Per i linfomi non Hodgkin, nel 2020, sono state stimate circa 13.200 nuove diagnosi che rappresentano il 3% di tutte le neoplasie».
Quali parti del corpo interessa il linfoma?
«I linfociti si trovano nei linfonodi (ghiandole linfatiche), nella milza, nel timo e nel midollo osseo. Il linfoma può interessare queste aree ma in circa la metà dei casi, quando lo stadio della malattia è avanzato, può esserci il coinvolgimento di organi extranodali come il polmone».
Esistono più tipi di linfoma?
«I linfomi sono classificati in due categorie: il linfoma di Hodgkin e i linfomi non Hodgkin. I linfomi non Hodgkin hanno un’incidenza di 5 volte superiore rispetto al linfoma di Hodgkin. La differenza tra loro è che il linfoma di Hodgkin è un tumore che tende a coinvolgere gruppi di linfonodi vicini tra loro, presentandosi generalmente con l’ingrossamento dei linfonodi del collo e/o del torace. I linfomi non Hodgkin, invece, tendono a coinvolgere in maniera più disseminata tutto l’organismo e sono quelli più difficili da curare; negli ultimi anni però la medicina ha fatto passi da gigante».
Chi sono le persone più colpite e quali sono i fattori di rischio?
«Il linfoma di Hodgkin ha due picchi di incidenza, uno attorno ai 30 anni ed uno ai 70 anni. Tra i fattori di rischio c’è l’infezione da mononucleosi che si stima avere un ruolo di circa un terzo dei casi. I linfomi non Hodgkin rappresentano invece generalmente patologie dell’età media avanzata: tra le cause vi sono l’esposizione ad agenti infettivi (come mononucleosi e HIV) e sostanze tossiche, ma anche patologie autoimmuni».
Quali sono i sintomi che caratterizzano il linfoma?
«Sebbene il linfoma, specie nella fase iniziale, possa spesso essere asintomatico, si può avere un ingrossamento, non doloroso, nei linfonodi di collo, ascelle o inguine, così come la presenza di sintomi di accompagnamento quali febbre, sudorazione notturna, perdita di peso».
Ha parlato di passi in avanti nella terapia…
«Sì, la ricerca eseguita all’interno di nuovi protocolli di studio ha permesso l’introduzione nella pratica clinica di terapie innovative che utilizzano nuovi farmaci, come gli anticorpi monoclonali e l’immunoterapia. Grazie all’efficacia dei trattamenti disponibili, il linfoma di Hodgkin rappresenta oggi uno dei maggiori successi dell’oncologia moderna come dimostra il tasso di sopravvivenza a 5 anni pari a circa il 90%. Così come i linfomi non Hodgkin: una delle neoplasie ad oggi più curabili con la terapia medica, come confermato dalla sopravvivenza netta a 5 anni pari attorno al 70%».