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Prolasso pelvico: la cura è mininvasiva

In Italia, quasi la metà delle donne con più di 50 anni soffre di un prolasso pelvico di grado moderato: una patologia che comporta la discesa verso il basso di utero, retto e vescica.

Due su cento, ne hanno una forma grave. Gli ultimi studi dicono che il 50% delle donne con  due o tre gravidanze sviluppa, nell’età media, una patologia da prolasso.

Se si aggiunge che almeno 8 milioni di persone in Italia soffrono di stipsi, che può essere un segno di prolasso e solo il 20% si rivolge a uno specialista, si riesce ad avere un quadro preciso della situazione.

Ne parliamo con il dottor Sergio Agradi, responsabile della Proctologia di Humanitas Castelli.

Dottor Agradi, che cos’è e da che cosa può essere provocato il prolasso degli organi pelvici?

“Il prolasso è la discesa verso il basso di uno degli organi che sono presenti nell’area pelviperineale, in particolare di utero, retto e vescica. La prima causa di questo disturbo è l’indebolimento dei muscoli di sostegno a questi organi, che non riescono più a contrastare la forza di gravità. Una condizione che può derivare dall’età, da gravidanze e parti, da obesità come da eccessiva magrezza, da cambiamenti repentini del peso, sforzi intensi e ripetuti della muscolatura e da malattie che indeboliscono i tessuti connettivali”.

Con quali sintomi si presenta il prolasso?

“I sintomi più frequenti sono la perdita di urina con gli sforzi e la comparsa o aggravamento di fenomeni di stitichezza; il 50% delle persone che si ritengono stitiche in realtà non lo sono per problemi legati all’intestino, ma per un malfunzionamento del retto e della pelvi. Si può provare anche dolore durante i rapporti e avere cistiti ricorrenti ed emorroidi”.

È possibile prevenire?

“Sì, è possibile seguendo uno stile di vita sano con, in particolare, un’alimentazione regolare che permetta di prevenire anche problemi di stitichezza a cui abbinare attività motoria ed esercizio fisico. Ci sono poi le visite specialistiche, da eseguirsi anche in assenza di evidenti sintomi nell’età media della donna: anche in questo ambito medico infatti  la diagnosi precoce rimane la migliore base per una terapia di successo”.

Si sente spesso parlare di “riabilitazione del pavimento pelvico”: è utile anche per questa patologia?

“Sì, per rafforzare la muscolatura del pavimento pelvico possono essere utili esercizi di riabilitazione. I più noti sono quelli messi a punto da Arnold Kegel, il ginecologo statunitense che negli anni Cinquanta definì un protocollo riabilitativo pensato in origine per trattare l’incontinenza che si manifesta dopo il parto, ma che ogni donna può eseguire a qualunque età e in qualunque condizione”.

Come può essere curata questa patologia?

“È necessario distinguere tra casi meno e più gravi. I primi possono essere curati attraverso la riabilitazione del pavimento pelvico, attività che spesso viene eseguita anche a supporto della terapia chirurgica. I casi più gravi, invece, richiedono interventi di tipo chirurgico, di tipo  mininvasivo,  con  l’obiettivo di ripristinare l’anatomia e la normale funzionalità dell’intera area pelviperineale. In particolare, l’intervento di POPS (Pelvic Organ Prolapse Suspension), eseguito in laparoscopia, consente di correggere in un’unica seduta i prolassi di utero e vescica senza dover rimuovere l’utero”.

Specializzazione in Chirurgia Generale