Angioplastica coronarica e bypass coronarico sono due metodi di rivascolarizzazione delle arterie del cuore, che si rendono necessari quando si creano blocchi all’interno delle arterie non consentendo il regolare fluire del sangue.
«Il by pass è un intervento chirurgico svolto in anestesia totale – spiegano gli specialisti del Centro Cardio di Humanitas Gavazzeni Bergamo – che permette di “saltare” l’ostruzione utilizzando vene o una delle due arterie del torace – l’arteria mammaria – che vengono staccate dal torace e collegate all’arteria, sotto l’ostruzione. Il decorso post operatorio prevede, dopo lo svolgimento di un periodo di terapia intensiva, almeno 5/6 giorni di degenza ospedaliera.
Dagli anni ‘70 si è sviluppata una tecnica meno invasiva del bypass: l’angioplastica coronarica.
«Questa tecnica – proseguono gli specialisti – prevede l’inserimento di una cannettina di gomma nell’arteria radiale, quella che parte dal polso, e che viene fatta scorrere verso il cuore fino a giungere al punto in cui si è verificata l’occlusione. A quel punto viene inserito un palloncino microscopico che viene gonfiato in corrispondenza del danno e viene inserito uno stent, una piccola protesi metallica cilindrica che impedisce all’arteria di richiudersi. L’intervento prevede l’esecuzione di un piccolo taglio a livello del polso, con un’anestesia solo locale. Il paziente in genere viene dimesso dopo un solo giorno di ospedale».
I due interventi vengono scelti alternativamente in base alla tipologia di malattia arteriosa. Per quelle più “semplici” viene preferita l’angioplastica mentre per quelle più complicate i medici specialistici consigliano l’intervento del bypass.
Tornare a una vita normale dopo un’angioplastica o un bypass
Dopo un angioplastica coronarica o dopo un bypass coronarico è possibile può tornare a una vita normale, con l’accortezza però di tenere sotto controllo i fattori di rischio vascolare, di rispettare la terapia prevista dal medico specialista e di sottoporsi ai follow-up periodici concordati con lo stesso medico. E avendo cura di modificare lo stile di vita che aveva portato allo sviluppo della malattia cardiovascolare.
«La medicina può curare una delle complicanze della malattia, ma se una persona mantiene lo stile di vita precedente all’intervento, la malattia è destinata a procedere nel suo cammino – sottolineano i cardiologi di Humanitas Gavazzeni –. La rivascolarizzazione, sia con bypass, sia con l’applicazione di stent, interviene sulle complicanze, mentre la malattia va curata con le medicine, con nuovi stili di vita e con la rinuncia al fumo. Essere intervenuti per ristabilire un regolare flusso del sangue, insomma, consente di svolgere azioni che comportano uno sforzo per il cuore e che prima potevano essere considerate pericolose e ora non lo sono più».