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Sindrome dell’intestino irritabile, sono da evitare le soluzioni fai-da-te

Il cambio di stagione procura a molte persone, soprattutto alle donne con un’età compresa tra i 20 e i 50 anni, fastidi e dolori addominali che sono dovuti in particolare alla cosiddetta sindrome dell’intestino irritabile, una problematica gastrointestinale funzionale che si può manifestare anche attraverso altri sintomi come gonfiore, distensione dell’addome e alterazioni della funzione intestinale.

Non si tratta di un problema marginale – in Italia ne è interessata circa una persona su dieci – e non è nemmeno una condizione da sottovalutare, come spiega il dottor Nicola Gaffuri, responsabile della Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva di Humanitas Gavazzeni di Bergamo.

Perché è importante prestare attenzione ai disturbi gastrointestinali, anche se non sono particolarmente intensi?

«Perché le patologie che riguardano l’intestino, se non curate a dovere e nei giusti tempi, possono contribuire a sviluppare patologie più gravi come l’alterazione del microbiota intestinale, cioè la cosiddetta disbiosi, le coliti croniche invalidanti, la diverticolosi e la diverticolite. E in casi più estremi si possono anche sviluppare patologie tumorali».

Da che cosa può essere causata la sindrome dell’intestino irritabile e quando è bene rivolgersi a un medico?

«Sulle cause non c’è una vera e propria certezza, si sa però che all’origine di problemi di natura gastrointestinale possono esserci condizioni particolari come intolleranze alimentari e stress. Il consiglio è quello di rivolgersi al proprio medico o a uno specialista gastroenterologo quando si manifestano sintomi come dolori localizzati nell’area addominale o fenomeni di diarrea o stipsi accompagnati da sintomi minori come gonfiore, gas ed eruttazione».

Sono sintomi piuttosto comuni, in relazione alle patologie gastrointestinali. Come si comprende che si tratta nello specifico di sindrome dell’intestino irritabile?

«La diagnosi può essere fatta attraverso una ricostruzione della storia clinica del paziente e, a seguire, con una visita gastroenterologica che può essere accompagnata, all’occorrenza, da un’ecografia dell’addome completo, con anche visualizzazione delle anse intestinali, e da esami del sangue attraverso cui possano essere escluse altre patologie e non ci siano dubbi che il problema sia dovuto proprio all’irritabilità del colon».

Come si interviene, dal punto di vista medico, su questo problema intestinale?

«Gli interventi sono volti ad alleviare i sintomi di questa sindrome. Il medico, in particolare, monitora i sintomi segnalati dal paziente e gli fornisce indicazioni relative all’eventuale abolizione del fumo e a come impostare la sua dieta, consigliando una diminuzione del consumo di alimenti che potrebbero peggiorare la situazione – come caffè, bibite gassate, burro, lardo, fritture, insaccati e alcolici in genere – e un aumento di quelli che contengono fibre solubili e sono quindi più facilmente digeribili, come fagioli, piselli, avena, orzo, mele e agrumi. Il medico può anche disporre una cura a base di farmaci o l’adozione di tecniche di training autogeno, visto che, come abbiamo visto, i disturbi gastrointestinali possono trovare origine in situazioni di stress. Consigliata è anche la pratica di un’attività fisica costante, utile anche sotto il profilo mentale».

Alcuni farmaci antinfiammatori possono essere acquistati senza necessità di una prescrizione medica. È possibile quindi procedere con un intervento fai da te?

«Sì, è possibile ma comunque non è consigliabile perché, come detto, non bisogna sottovalutare le patologie che riguardano l’apparato gastroenterico. L’abuso – o l’uso non valutato da un medico – di antinfiammatori è oltretutto sconsigliato perché alla lunga produce un risultato che è opposto a quello desiderato. E non è esente da pericoli: oltre a quelli legati all’intolleranza ai FANS, cioè agli antinfiammatori non steroidei, un abuso di questi farmaci può portare anche a un aumento del rischio di eventi vascolari anche gravi, tra cui l’ictus e l’infarto».

La ricerca medica e il microbiota intestinale

La ricerca medica focalizzata sullo studio del microbiota intestinale sta permettendo di fare grandi passi in avanti nell’ottimizzazione della gestione terapeutica del paziente con sindrome dell’intestino irritabile.

«Il nostro intestino – spiega il dottor Alessandro De Marco, gastroenterologo di Humanitas Gavazzeni – è popolato da miliardi di batteri fisiologicamente residenti che contribuiscono al regolare transito intestinale. Quando però una classe di batteri inizia a prevalere sull’altra, in una condizione che viene chiamata “disbiosi intestinale”, si vengono a produrre sintomi come distress addominale, dolore, meteorismo e alterazione dell’alvo in senso stitico o diarroico. Lo studio approfondito del microbiota, con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, ci sta fornendo e ci fornirà sempre più una grossa mano nell’impostazione di terapie sempre più personalizzate ed efficaci».

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