Anche se le occasioni di incontro sono all’apparenza sempre più numerose, quella della solitudine è una condizione che colpisce oggi un numero crescente di persone.
Uno stato, quello solitario, che può avere effetti sulla nostra salute, soprattutto nei casi in cui lo “stare da soli” è una situazione subita e non ricercata.
La dottoressa Agnese Rossi, psicoterapeuta dell’Ambulatorio di Psicologia e Psicoterapia di Humanitas Gavazzeni Bergamo, ne ha parlato su corriere.it/salute.
Quanto è importante, dal punto di vista degli effetti sulla salute, distinguere i diversi tipi di solitudine?
«È molto importante, anzi fondamentale, perché gli effetti possono essere del tutto opposti. La salute ricercata, desiderata, deriva dal desiderio di stare da soli con sé stessi e produce l’appagamento tipico di chi riesce a entrare in intimità con il proprio mondo interiore. Ben diversa è la solitudine subita, non voluta. Questa produce la sgradevole sensazione di sentirsi soli, che produce sofferenza e fastidio oltre che insicurezza quando si tratta di stringere nuovi legami. Una situazione di isolamento dal mondo che è innaturale, non umana, e che ci fa vivere in una realtà finta, lineare e prevedibile oltre che del tutto priva di conflitti. Che alla lunga è in grado di produrre efetti anche molto negativi sulla nostra salute fisica e mentale».
Quali sono gli effetti positivi, dal punto di vista psicologico, della solitudine ricercata?
«Lo stare soli, quando dipende da una libera scelta, permette di sviluppare pensieri, emozioni, creatività e immaginazione. Ci permette di conoscerci meglio e di metterci maggiormente in gioco. Una consapevolezza che aiuta a creare relazioni migliori con gli altri. È importante “imparare a stare soli”, condizione da cui può derivare il desiderio di fare le cose che più ci piacciono, come dedicarsi a uno sport, all’arte, a un hobby».
E quali sono, invece, gli effetti negativi della solitudine subita?
«I vissuti emotivi negativi derivati dalla solitudine non ricercata possono essere alla base di molte malattie croniche. Si tratta di una condizione che influisce sulla produzione di cortisolo, il cosiddetto “ormone dello stress” capace di compromettere il buon funzionamento del sistema immunitario e minare le nostre prestazioni cognitive. Effetti negativi possono inoltre sorgere riguardo alle malattie cardiache, agli stati infiammatori e ai problemi di natura vascolare. Infine, la solitudine “forzata” può ovviamente far sorgere o acuire patologie psichiche come ansia e depressione».
I social network accessibili in ogni momento da smartphone, pc e tablet possono aiutare a vincere la solitudine?
«No. È vero che consentono di avere un numero di contatti praticamente illimitato con persone sconosciute, ma si tratta di connessioni virtuali, non reali. Una vera relazione tra persone può nascere solo dal contatto, non può generarsi da una relazione superficiale come quella che si crea attraverso i social network. È necessario che vengano coinvolti tutti i nostri sensi, l’emotività, la corporeità. Dal punto di vista della salute fisica e mentale, dunque, le relazioni via internet possono addirittura peggiorare una situazione già di per sé delicata».
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