Parlando di salute riproduttiva, si dice spesso che l’uomo tende a non farsi visitare per questioni culturali, che vorrebbero che chi fa parte del sesso maschile deve sempre essere in forma e saper resistere a qualsiasi tipo di stress si presenti nel corso della sua vita. Una condizione figlia di retaggi che giungono dal passato, ma che non sono l’unica causa della reticenza maschile a farsi visitare da un andrologo.
Il problema vero, infatti, è che a differenza di quanto accade per le donne, per quanto riguarda la salute riproduttiva maschile non esistono veri e propri campanelli o segnali d’allarme, che facciano destare qualche preoccupazione, anche minima, e suggeriscano di sottoporsi a un controllo fin dalla più tenera età.
Un concetto ben sottolineato dal dottor Walter Vena, endocrinologo di Humanitas Gavazzeni e di Humanitas Medical Care di Bergamo: «È una differenza che nasce fin da quando si è piccoli. Per quanto riguarda la vita riproduttiva femminile intorno ai 10-12 anni fisiologicamente c’è il segnale dell’avvio, rappresentato dalla prima mestruazione, mentre per l’uomo non esiste un segnale simile. Questo fa sì che spesso noi endocrinologi ci troviamo ad affrontare problematiche che sono insorte prima dell’età puberale o durante quell’età e che si sono protratte per 5, 10 o 15 anni prima di essere individuate. Questo comporta il fatto che in molti casi diventa piuttosto difficile raggiungere obiettivi terapeutici di successo».
Quali sono le patologie andrologiche più diffuse?
«La principale patologia ormonale maschile è l’ipogonadismo che, a causa di un danno all’ipofisi o a livello testicolare – ma anche di eventuali altre patologie organiche – si viene a creare una disfunzione da parte dei testicoli, che sono le gonadi maschili, che vedono diminuire sensibilmente la loro capacità di produrre testosterone e di creare spermatozoi, con chiari effetti sulla fertilità».
E qual è, invece il segnale che più di ogni altro spinge gli uomini a rivolgersi a un andrologo?
«Il sintomo più evidente è quello della disfunzione erettile, che è la più comune disfunzione sessuale. Consiste nell’incapacità di raggiungere o mantenere un’erezione soddisfacente nel corso di un rapporto sessuale ed è un sintomo che può dipendere dalla presenza di una patologia di tipo cardiovascolare. Da questo punto di vista è importante sapere che ci sono studi che dimostrano come la disfunzione erettile preceda di 3-5 anni la patologia coronarica, quindi rappresenta un campanello d’allarme molto importante da questo punto di vista. Questa disfunzione può anche avere, peraltro, origini di tipo psicologico che riguardano il singolo individuo o la coppia, perché in queste situazioni bisogna sempre tenere conto anche dell’importanza rivestita dal partner, visto che stiamo parlando di interazioni di coppia».
Quando è consigliata, in linea generale, una visita andrologica?
«Non esistono vere e proprie linee guida ufficiali, però è sicuro che per i maschi potrebbe essere opportuno sottoporsi a una prima visita andrologica all’inizio della pubertà, attorno ai 13-14 anni, quando si registra un primo aumento del volume testicolare che testimonia un avvio corretto del processo fisiologico. Un’altra visita può essere consigliata attorno ai 17-18 anni, proprio a testimoniare il compimento di questo processo e a verificare l’adeguato raggiungimento di tutte le caratteristiche secondarie e sessuali. Da lì in poi, la visita andrologica è consigliata in qualunque momento della vita in cui dovessero comparire segni o sintomi che possano essere associati a disagi legati all’attività sessuale o comunque all’intimità. Si può trattare anche di disturbi sessuali molto frequenti nella popolazione, soprattutto quella over 50, come ad esempio il calo del desiderio o la riduzione delle erezioni spontanee, così come tutte le condizioni che portano a un evidente perdita di interesse verso l’attività sessuale».